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Italo Cucci: “A S. Siro un pareggio «europeo»”

Gran partita a San Siro, Milan coraggioso fino alla temerarietà, Napoli prudente eppoi scatenato dopo il gol di Flamini alla mezz’ora subito pareggiato da un grande Pandev al 33’; Mazzarri le ha tentate tutte per cogliere la vittoria attesa dal 13 aprile 1986, quando la squadra di Bianchi e di Maradona espugnò San Siro (e io c’ero, festa grande); non c’è riuscito ma il secondo posto – sicurezza di Champions – è sempre più degli azzurri che mantengono quattro punti di vantaggio sui rossoneri e sognano (pia illusione?) che la Juve stasera inciampi sull’orgoglio della Lazio. Il Napoli ha schierato tutti i suoi uomini migliori e ha ottenuto un risultato positivo nonostante il rinnovato digiuno di Cavani, misteriosamente incapace di arricchire il suo grande bottino di gol. Allegri, già privo di Balotelli, ha rinunciato a El Shaarawy, inspiegabilmente, visto che poi l’ha gettato nella mischia alla mezz’ora della ripresa, e inutilmente, pur mostrando una ricchezza di uomini superiore a quella del Napoli, costretto a impiegare anche il generoso quanto sperduto Calaiò. Lo spettacolo non è mancato, la lotta per un posto in Champions – come uno scudetto di consolazione – è ancora aperta. A San Siro un altro episodio arbitrale da rivedere: al 18’ un fallo di mano di Flamini in area è stato giudicato da Rocchi involontario, secondo cattiva abitudine (se non peggio) di questi tempi. Sabato, a un convegno sulla giustizia sportiva in quel di Caltanissetta ho ribadito davanti al presidente degli arbitri Nicchi che la prima regola del calcio è che la palla si gioca coi piedi, non con le mani, e che è ora di sottrarre agli arbitri il giudizio spesso imperfetto se non sospetto sulla volontarietà o meno di certi falli. Domanda: che ci stanno a fare i giudici di porta? Nulla. L’esperimento – a mio avviso – è fallito. Ci vuole del tempo ma prima o poi il campionato finisce per dire la verità. E dice che Napoli e Milan sono gli unici degni competitors della Juventus-da-scudetto. E precisa che, mentre quasi tutte le grandi vivono di singoli pedatori anche d’alto livello, la Fiorentina – spesso priva di Jovetic – vive solo di gioco, di qualità, delle idee del suo tecnico: Montella non è più una rivelazione, aspira a farsi maestro come Guidolin che è forse arrivato al capolinea come allenatore e si farà direttore tecnico di quella straordinaria famiglia calcistica ch’è l’Udinese. Il campionato-verità rivela anche il tempo perduto dalla Roma nelle nebbie zemaniane, oggi in grado di esibire una formazione eccellente e un tecnico avveduto, Andreazzoli, incredibilmente destinato – l’ha detto lui – alla sostituzione. E ancora, ecco tutta la verità sull’Inter che ha sbagliato tutte le mosse di mercato e si è infine ritrovata perseguitata dalla malasorte, per infortuni e errori arbitrali: circola voce che Moratti sia sul punto di liberarsi di tanto amore, di tante delusioni e di pesanti perdite economiche e sarebbe un peccato, visto che nei giorni del buon senso ha offerto al calcio un triplete favoloso. Nulla è dato sapere, ancora, sul destino delle ultime della classe, se non della ormai quasi certa caduta del Pescara in B: il Siena domina la scena, esibendo con Emeghara il meglio del mercato di riparazione, mentre il Palermo sollecita il mea culpa di Zamparini per non avere creduto in Sannino, col quale avrebbe potuto giostrare a metà classifica, magari insieme a quel bellissimo Catania che domenica, nel derby al Massimino, potrebbe infliggergli la pena più grave. E a questo punto, ancora un omaggio: al Cagliari che il “blindato” Cellino ha costruito con abilità e portato alla comoda salvezza (più premio speciale dagli allibratori inglesi per aver superato i 40 punti) nonostante le ingiustizie patite per aver tentato di costruirsi uno stadio-da-sogno. Tutto questo per dire – controcorrente – che non c’è motivo di invidiare altri tornei d’Europa che – Germania a parte, vero Paese di Bengodi – vivono delle imprese di pochi e di ricchezze in via di estinzione (come in Inghilterra , esclusi sceicchi e plutocrati russi) o di denaro sottratto al popolo in bolletta (come in Spagna, “caso Real” denunciato dalla Comunità Europea). Sì, siamo poveri ma belli.

Fonte: Il Roma
La Redazione
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