Luciano Spalletti è da pochi giorni il neo allenatore dell’Inter e quest’oggi il tecnico nerazzurro è stato così presentato ai tifosi e alla stampa. Ecco le sue parole, riportate da Internews.it:
“Vi ringrazio di essere qui, grazie di essere presenti e chi ci sta guardando da lontano. Volevo partire con dei complimenti, a Stefano Vecchi per aver portato a casa un risultato importante con la Primavera, so quale sia la qualità delle squadre che ha battuto, è stato bravo. Spero che i nostri piccoli campioncini facciano buon uso di questa vittoria perché a volte quando si vince si tende a volersi meno bene. Di solito sono loro che guardano a noi, in questo caso noi guardiamo a loro che sono il nostro onore”.
Perché ha scelto l’Inter?
“Per risposizionarla nel ruolo che gli compete nella sfera che riguarda la storia di questo grande club. Ho scelto l’Inter perché quando me la sono immaginata ho rivisto la sua storia piena di belle cose e le voglio vivere tutte fino in fondo. Voglio viverla come attore ma anche spettatore privilegiato perché quando la guardi da due posizioni puoi analizzarla meglio di quanto fai solo da dentro. Voglio assorbire tutto quanto riguarda l’Inter dall’inizio alla fine”.
Che mentalità dovrà avere l’Inter e quanto conterà Icardi?
“L’identità di gioco diventa importante quando vuoi avere una squadra, dobbiamo avere tutte le qualità delle componenti di cui disponiamo. Ho pensato a un 4-2-3-1 per iniziare ma dobbiamo essere pronti a fare anche altre cose. Il fatto di giocare con un modulo o un altro conta relativamente. Diventa fondamentale saper riconoscere determinati concetti, avere una squadra che è in possesso di quello che stiamo cercando e sa dove vogliamo andare. Se la nostra squadra fa vedere dove vuole andare, poi è chiaro che anche i piu’ bravi saranno costretto a farsi da parte. Se non saremo una squadra forte come mentalità e come carattere e qualità di gioco, allora saremo noi a doverci scansare perché gli altri ci passeranno davanti”.
Perisic farà parte della sua Inter?
“Mi sembra che non vinciamo niente da qualche anno, per cui o facciamo qualcosa di diverso o i risultati non cambieranno. Un giocatore o un altro non possono determinare la vittoria di un titolo, per cui se mi chiedete di Icardi o Perisic ci sono sicuramente delle qualità assolute, dei calciatori forti, ma devono entrare in un meccanismo di squadra. Voglio che tutti riescano a dare il contributo alla squadra per farci diventare forti”.
Perché in questi ultimi anni non si è vinto secondo lei?
“Quello che diventa evidente quando incontri la gente è che tutti si chiedono come è possibile avere un’Inter fuori dalle coppe in questi anni, come fosse uno scandalo. Da fuori anche a me è parso così, ho voluto partecipare a questo periodo di difficoltà per avere poi una reazione importante e corretta. Io non sono piu’ bravo degli altri, di tutti gli allenatori che mi hanno preceduto, ma sono differente. Si lavora a modo mio perché mi fido del mio modo di fare, anzi se fosse possibile chiedo ai calciatori di fidarsi di me perchè sarò con loro al 100% in ogni situazione, qualunque cosa accada con tutta la mia persona. Però è chiaro che poi le cose dobbiamo andare a vederle strada facendo, piano piano. Dobbiamo riportare l’Inter dentro la sua storia”.
Ha lasciato la Roma e ora la sfiderà da avversario: come se lo immagina?
“Innanzitutto ringrazio Pallotta e la Roma per i messaggi inviati dopo la fine del campionato, ringrazio gli sportivi, gli abbracci e l’affetto ricevuto quando ci siamo lasciati. La forza del nostro avversario è davanti agli occhi, non è fondamentale tanto la posizione di classifica ma la differenza di punti. Se in un campionato ci sono 25 punti tra una squadra e l’altra, devi fare 8-9 vittorie in piu’ piuttosto che superare una determinata posizione, sembra una cosa impossibile sulla carta. Io conosco bene i miei ex calciatori, sono professionisti di gran qualità e manifestavano questa appartenenza da quando mettevano piede al centro. Senza appartenenza non si va da nessuna parte perxhé sentirsi coinvolti conta piu’ di ogni credo tattico, ci faranno sudare quella partita non come le altre ma al cubo. Manolas, Rüdiger, Dzeko, Strootman, Nainggolan, sanno qual è l’obiettivo da portare a casa, lavorano per questo obiettivo. Dentro la loro testa hanno un solo obiettivo, solo un’aspirazione e una felicità, quella di fare risultato. Dzeko ha fatto tanti gol, ha saputo ribaltare in una stagione quello che non era facile da fare, quello che noi dobbiamo ora fare a diversi calciatori, cioè ribaltare una stagione negativa come quella precedente”.
Si è detto che lei e Zhang siete accomunati dall’ossessione di vincere l’egemonia della Juventus, qual è la sua strategia in merito?
“L’anno scorso non ho visto tutta questa differenza di punti tra Inter e Juve, sicuramente vanno rispettati i bianconeri perché a volte sono oggetti di cattiverie gratuite perché sono forti, faccio i complimenti ad Allegri per quello che ha fatto, per la finale di Champions guadagnata, quando si hanno calciatori forti di solito si pensa che sia facile vincere. Invece è difficilissimo, facile è avere calciatori normali e non vincere niente. Avere calciatori forti e vincere è difficile, quindi brava la Juve. La dobbiamo rispettare per la sua forza ma il rispetto non va confuso con il timore”.
Perché è andato via da Roma? Qualcuno non è rimasto bene del suo addio.
“L’Inter mi ha contattato quando stava per finire il campionato, come ha detto Pallotta quando ha detto che io sarei andato via comunque perché non si sarebbero fatti risultati. Io mi identifico in ciò che amo e amo ciò in cui mi identifico, fino in fondo. Sono stato contattato dall’Inter poco prima della fine del campionato, contatti che si fanno e voi siete bravi a scoprire, non ne facciamo una pulita con voi… Ma se accetti questo contatto è chiaro che si fa un discorso diretto. Io non ho voluto farne finché non è finita la storia con la Roma e poi ho preso contatto, lasciato la Roma dispiaciuto, salutando tutti. Da quel momento in poi questa è stata la cosa piu’ bella che mi potesse capitare, non penso di aver offeso nessuno dicendolo. Io non ho antipatie, ho qualche simpatia selettiva ma non antipatie. Ero diventato quello che divideva anziché unire, eravamo dentro questo problema su cosa sarebbe stato il futuro, la gestione di un mito come Totti, si è verificata questa contrapposizione per cui l’amore per il calciatore che ha fatto la storia ha prevalso su quello che era il sostegno che ci doveva essere per la squadra. Se non riesco a mettere d’accordo queste due cose a Roma vuol dire che non ho fatto bene il mio lavoro. Avendo fatto male quel tipo di lavoro ero in difficoltà e sentivo i rumors della gente. Ne avevo anche molti a favore ma siccome c’era una linea tra chi a favore e chi no, io voglio portare tutti dalla mia parte, se non ci riesco per quell’amore di cui parlavo prima, devo farmi da parte. Spero che ora senza di me la Roma sia di nuovo unita”.
C’è una certa somiglianza di carriere tra lei e Capello, lui ha iniziato il suo lavoro a Nanchino, volevo chiederle se vi siete sentiti o vi sentirete.
“Capello è sicuramente un grande personaggio di questo sport e del calcio italiano perché da lui tutti abbiamo preso qualcosa, tutti siamo stati attenti al suo modo di gestire e condurre una squadra. Ce ne sono stati anche qui di grandi capitani di ventura come Herrera e Mourinho. In Russia ho avuto un contatto con lui non come avversario come era stato in Italia con Juve e Roma ma amichevole essendo lui il Ct della nazionale e io l’allenatore di club, voleva sapere la condizione fisica, le cose utili a lui. So che ora fa parte della famiglia Suning, per ora non ci ho parlato ma sarà un piacere farlo e spero avvenga presto”.
Si sono fatti tanti nomi per la panchina dell’Inter, prevale per lei l’orgoglio di essere stato scelto? Come si unisce l’ambiente?
“Secondo me davanti a me ce n’erano anche piu’ di due, non me ne frega niente, io sono l’allenatore dell’Inter e in questa posizione ci sto bello rilassato, vado a fare il mio lavoro anche senza troppe valutazioni. Devo riempire la partita delle cose che la partita vuole, il resto conta poco. Sono l’allenatore dell’Inter e voglio farmi carico anche della storia precedente, se lo faccio posso indossare quel vestito che tutti i miei calciatori devono avere e riconoscere. La sento come una sfida eccitante, e di conseguenza la vivrò come tale”.
Tra meno di un mese vedrà la squadra, quale sarà la prima cosa che dirà? Quanto sarà rivoluzionata?
“Ne stiamo parlando ora con i direttori e la proprietà per creare una squadra piu’ forte anche se non sarà facile perché gli acquisti non vanno assolutamente sbagliati. Stiamo lavorando sentendo anche l’umore dei calciatori, l’Inter forte deve essere l’Inter, non questo o quel nome. Siamo una squadra e tutti devono vivere dentro la squadra, mettere il sudore comune per lo stesso obiettivo. Non ci sono obiettivi individuali se non c’è l’obiettivo comune. I titoli individuali portano un contributo ma non devono togliere altre qualità. La partita ha bisogno di ogni componente, è una scatola in cui vanno messi tot km di corsa, tot palle riconquistate, tot rimpalli vinti, tot metri a una certe velocità, tot colpi di testa. La squadra deve sapere che maglia indossa e quanti etti pesa, come è fatta la maglia, ecc.”.
Pioli si era definito potenziatore, lei come si definisce?
“Datemele voi le etichette, io non mi dò definizioni perché qui ci sono stati grandi personaggi con grandi nomi (Mago, Special…). Io vengo dal paese di Leonardo, spero che qualcosa dalla sfera venga fuori in questo siete piu’ bravi voi. Io mi alzo presto, vengo a lavorare e torno a casa dopo il lavoro quotidiano”.
Crede di avere tutti gli interpreti per il 4-2-3-1 o si aspetta qualcosa dal mercato?
“Ho parlato di 4-2-3-1 perché ci sono legato ma fare qualcosa che il tuo avversario non si aspetta può diventare un vantaggio a volte e può fare la differenza. L’Inter deve acquisire la costanza di un risultato permanente, non occasionale. Guarderemo la rosa a disposizione per mettere i calciatori nelle condizioni di potersi esprimere al meglio al di là del modulo. Io guardo molto il comportamento della linea difensiva avversaria, è importante capire come andare al di là di questa, la curiosità di vedere cosa c’è lì dietro perché lì c’è la porta”.
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