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Inter-Napoli tra i limiti della rosa di Mazzarri e le necessità per il mercato

A Mazzarri serve serenità, appoggio, condivisione di idee, supporto morale e psicologico

Pioggia e grandine a Palermo; un cielo perfetto ed un bellissimo sole a Milano. Il Pirellone sorride alla mia stanza che affaccia sulle rimembranze di Greco, un nobile quartiere, attraversato dal Martesano, a pochi passi dalla monumentale via Gluck, sì, proprio quella di Adriano Celentano.

Parole vuote si ammonticchiano tra sogni e pensieri, quelli belli e quelli brutti. Arrivi a San Siro, dopo aver passeggiato per il residenziale viale Cabrilli e nonostante non sia la prima volta, rimani sorpreso: organizzazione, serietà, accoglienza, gentilezza, ordine, (solo il wi–fi scherza e non funziona), precisione nei dettagli, sobrietà. E pensi al San Paolo, alla mia Città, a Napoli, pensi ad Aurelio, ai suoi Natali e ai suoi “colpi di fulmine” e ti domandi e lo chiedi agli autorevoli colleghi della carta stampata; lo chiedo a Roberto Ventre de Il Mattino e a Mimmo Malfitano de La Gazzetta dello Sport: “Aurelio e i suoi, quando vengono a Milano, non osservano, non sono invidiosi, non imparano, non pensano di emulare questa Società e quest’organizzazione”.

Uno stadio bellissimo, gli ottomila napoletani nel settore ospiti, a cantare le tante e bellissime canzoni napoletane, tanto da incuriosire le colleghe giapponesi di Jiji sport e Nippon sports che mi chiedono informazioni canore e sociologiche di “o surdato nnamurato”. In posizione centrale, di faccia il tabellone luminoso,  di fianco il collega Eros Brenni di Quotidiano.it e Carlo Caporale di Televomero. Ed è proprio il tabellone luminoso che mi fa rendere conto che al minuto 7 e 41 secondi l’Inter è già in vantaggio. Incredibile. Il Napoli dove è? Palla inattiva, cambio di gioco, da sinistra verso destra, arriva Guarin di corsa e a volo schiaccia dentro. Il Napoli, fermo a guardare. Incredibile, non me lo aspettavo. Si riprende pian pianino l’acciaccata combriccola di Mazzarri, mai pericolosa ma tiene il campo. La partita  si può recuperare. Invece, al 38,46, Alvaro Pereira fa il sombrero a Maggio, lo lascia lì, sulla sua corsia, quella destra per l’italiano, quella sinistra per l’uruguaiano, appoggia un morbido pallone a Milito, che con una facilità estrema, mette dentro. Finisce il primo tempo e ascolti i soliti commenti isterici di colleghi che hanno iscritto nel ruolo che dovrebbero svolgere il delicato compito di analizzare, elaborare e raccontare. Invece no. Scene isteriche che non ti aspetti con i soliti bersagli: Reja e Marino molto ieri e Mazzarri e Bigon oggi. Invece, l’imprevedibile Napoli cosa ti fa: scende in campo baldanzoso, aggressivo. Mazzarri cambia Gamberini con Pandev e chiude l’Inter prima nella sua metà campo e poi nella sua area di rigore e consente di giganteggiare sia ad Handanovic che a Cambiasso e mette ancora di più in evidenza i limiti di presenza di giocatori validi e utilizzabili della rosa di Mazzarri. Troppi quelli che non solo non rispondono all’appello ma che Mazzarri nemmeno chiama: oltre all’inguardabile Pandev, ci sono, ormai appartenenti alla schiera degli ex, Grava, Aronica, Donadel, Dossena, Vargas e Fernandez, oltre al “capriccio burocratico – tecnico – tattico” di Campagnaro.

Accorcia subito il Napoli, al 54’; in una mischia furibonda è comunque Cavani a bucare la retroguardia nerazzurra. Le speranze di pareggiare salgono moltissimo; invece un grande forcing, un immenso Hamsik, un eroico Cannavaro, un meraviglioso Britos e, ancora una volta, un ragazzino napoletano che incanta San Siro. Il collega milanese, al mio fianco, mi chiede, invece di Roberto, l’altro piccoletto di casa Insigne, capocannoniere di tutti i gironi del campionato Primavera. Gli rispondo: “fortissimo. Un talento. Un campione. Se fosse stato dell’Inter, sarebbe seduto in panchina: vedi Strama quanti ne ha portati: Benassi, Pasa, Mbaye, Duncan, Romanò, Livaja”.

Un solo desiderio, mentre mi accingevo alla sala conferenze: parlare con Andrea Stramaccioni. Arriva, lo interrompo sottovoce, mentre spiegava la partita alla collega di Odeon Tv, dico di non aver capito e lui, in maniera elegante, mi dice: “c’era il secondo giallo per Behrami”.

Mi danno subito il microfono, saluto: ”Buona sera Mister. Ero consapevole della sua bravura sin dal primo giorno che le è stata affidata l’Inter; stasera ho avuto l’impressione, mi dica lei se l’ho vista giusto, che studia l’avversario; la sua formazione è stata fatta in virtù dell’avversario che aveva di fronte; dissi a un collega milanese, tifoso Inter, dopo la sconfitta interna con la Roma, di smetterla con le sue critiche nei suoi confronti, che gli interisti erano fortunati sul fatto che Moratti abbia puntato su di lei, che avrebbe vinto tanto.  Stasera sono preoccupato per lei e per la sua Inter. Non credo, a memoria d’uomo, di aver visto una squadra ospite fallire tante occasioni da gol come ha fatto il Napoli ed in contemporanea una grande squadra come l’Inter, sul suo campo che è, poi, la Scala del calcio, subire così tanto. Naturalmente questa mia domanda include anche il voler conoscere i vostri obiettivi: scudetto?”

Risponde con garbo ed educazione l’allenatore dell’Inter: “La ringrazio per le belle parole; complimenti a lei: ha visto giusto. Ho studiato il Napoli, temevo i suoi fuoriclasse, i suoi attaccanti, in particolare Hamsik. Ho pensato al prima non prenderle e poi magari, di ripartire, con i miei attaccanti, e far male al Napoli.

Scudetto? No. Non ci penso.Mancano 22 partite alla fine; sono troppe. Affrontiamo gara dopo gara, con i piedi per terra; è mio primo obiettivo creare il gruppo. Sto qui da quattro mesi. Mazzarri, da tre anni, ed ha fatto nascere una squadra fortissima. Per batterli occorreva la partita perfetta. So bene che stasera abbiamo commesso tantissimi errori. Ci è andata bene. Sabato prossimo, abbiamo un altro terribile incontro, andiamo ad affrontare la Lazio all’Olimpico, non sarà facile.”

Arriva Walter Mazzarri, con lui, anche, Riccardo Bigon. Non mi va di chiedere né di parlargli. So bene, so che conosce la mia libertà di pensiero e la profonda stima nel suo operato di tecnico.

Avrei voluto fargli tante domande. Scelgo di no. Il clima tossico che hanno alimentato attorno al Napoli e nel rapporto tra questo allenatore e i media mi fa fare questa scelta.

Avrei voluto dirgli: “Il Napoli è a cinque punti dalla Juve. Lei è il migliore allenatore italiano e, mi creda, lo sanno anche quelli che le fanno domande cattive e tendenziose. Considerato ciò, io non posso pensare che lei non sappia cosa manchi alla sua squadra per giocarsela fino alla fine su tre fronti (perché io lo so come so che lei sa!!!!). Quindi le chiedo: Bigon e il suo reparto scouting le hanno fornito un elenco di calciatori tesserabili in base nei ruoli che lei chiede? Va bene Floccari! Però occorrono difensori dal passo rapido e che anticipino e non aspettino e il Napoli in questo ruolo ha solo Campagnaro. Un altro incontrista, qualche altro esterno e il Floccari di turno”. Avessi fatto questa domanda sarebbero venuti i mal di pancia a tantissimi della dirigenza del Napoli. Addetti ai lavori che non solo non sanno copiare le cose positive delle altre società ma che stanno alimentando un profondo steccato tra il Napoli e gran parte degli operatori dell’informazione. Se tutto questo non si è riversato sulla squadra è grazie all’allenatore, al suo staff tecnico e una parte di questo magnifico gruppo, nonostante sia carente in più ruoli e nonostante molti di loro non vengono mai chiamati alla partita, alla lotta, alla battaglia, al raggiungimento del risultato.

Adesso per due volte il Bologna. La bestia nera Pioli, una squadra non male che può dare fastidio. A Mazzarri, serve, serenità, appoggio, condivisione di idee, supporto morale e psicologico.

Lo capiranno?

Per oggi è tutto, alla prossima.

Nando Troise

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