Una sentenza-macigno. Inevitabile. Ci sono andati giù come prevedibile, ovvero senza incalzare poi tanto la mano, l’arbitro Guida, gli assistenti Galloni e Passeri, il quarto uomo Altomare, i giudici di porta Romeo e Palazzino e gli 007 della procura federale che hanno tallonato la squadra arbitrale nel tunnel dello Juventus Stadium: due turni a Conte e Bonucci, uno a Chiellini, inibizione per l’ad Marotta fino al 18 febbraio e maximulta da 50mila euro al club bianconero. Il giudice Tosel di fronte a questi atti tanto precisi e minuziosi, in cui è stato ricostruito nei dettagli tutto ciò che è avvenuto nei minuti successivi alla fine della gara tra Juve e Genoa, ha deciso di usare il pugno pesante. Anche se non pesantissimo.
La Juve, in fondo, se lo aspettava: la prova è nel suo silenzio post-sentenza. Non solo il club decide di non affidare la sua reazione neppure a uno straccio di nota ufficiale, ma i bianconeri fanno trapelare che non sanno neppure se presenteranno ricorso. Probabilmente un estremo tentativo del presidente Andrea Agnelli di riappacificare la Juventus con il calcio italiano dopo le accuse isteriche a Guida («È delle provincia di Napoli, difficile arbitrare la Juve») e i sospetti di una trama anti-Juve architettata da tutti gli altri. «Complotto contro la Juventus? Siamo fuori dal mondo. È un romanzo che non esiste», chiosa il presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete.
Il silenzio bianconero appare scelta finalmente saggia. Il designatore Stefano Braschi, a Parma, non ha comunque mancato, in privato, di manifestare un certo fastidio per un atteggiamento generale nei confronti di Guida, giudicato offensivo per tutta la classe arbitrale. E ribadirà il suo pensiero il 4 febbraio, nell’incontro con le società. La bagarre, l’isterismo collettivo e il timore di essere vittima di un complotto costa, dunque, un’altra volta l’altolà ad Antonio Conte: dopo aver scontato quattro mesi per omessa denuncia (è tornato in panchina il 9 dicembre, a Palermo), il tecnico juventino paga con due giornate di squalifica le proteste in forma plateale verso l’arbitro, contestato faccia a faccia sul campo – il leccese ha urlato con tutta la sua rabbia «è una vergogna» – e rincarato la polemica anche nel dopogara. Per capire quello che ha detto, basta leggere le motivazioni dello stop: «Per avere, al termine della gara, sul terreno di giuoco, fronteggiato con atteggiamento intimidatorio il Direttore di gara e un Arbitro addizionale, contestando il loro operato con espressioni ingiuriose, che reiterava poco dopo negli spogliatoi».
Ma un po’ tutta la Juve esce male da questa vicenda. Due turni di stop a Bonucci, per le stesse identiche motivazioni del suo tecnico ovvero «contestato», «ingiuriato» e «minacciato» arbitro e collaboratori. Una giornata (senza peso, è infortunato) la rimedia anche Chiellini «per avere, al termine della gara, entrando sul terreno di giuoco senza autorizzazione, contestato platealmente l’operato degli Ufficiali di gara». Non è finita, perché l’ad Marotta è inibito fino al 18 febbraio, «per avere negli spogliatoi rivolto all’arbitro espressioni ingiuriose». Alle squalifiche va aggiunta l’ammenda di 50.000 euro perché «i sostenitori bianconeri hanno colpito con sputi gli arbitri».
Forse Conte ha esasperato le tensioni sotto-pelle per caricare la truppa arroccata nel forte. Una strategia. Però le urla, la bagarre, le minacce all’arbitro Guida non se le scorda nessuno. Ma sono solo l’ultimo eclatante episodio dell’unico allenatore italiano capace di catalizzare l’attenzione sulla panchina, non su quello che succede in campo. Sulla presenza scenica di Conte, del resto, nessuno ha mai avuto dubbi: a partire da quando fece più o meno lo stesso un anno fa dopo un pari a Parma. E dopo la sua reazione (che gli è costata una multa, patteggiata, di 25 mila euro) dopo la conferma della squalifica da parte della Corte di giustizia. Fino a dicembre ha visto le partite dalla tribuna: ingombrante quando non si vede, figurarsi quando c’è.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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