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Insigne: talento e sicurezza, se il buongiorno si vede dal mattino…

Oggi è già domani: e in quell’orizzonte tinteggiato d’azzurro, la scia luminosa da seguire è nelle perfide – ma eccitanti – parabole d’un «magnifico» Lorenzo, l’ultimo esponente d’una scuola napoletana composta da scugnizzi e nino de oro. L’Insigne cattedratico che s’è accomodato all’Università del calcio s’è preso dieci giorni per intrufolarsi con maestria sulla scena e dimostrar di sapere praticamente (quasi) tutto: e in quelle lezioncine sussurrate con discrezione, gli è risultato complicato riuscire a non dar troppo nell’occhio. Però: il destro ce l’ha, il sinistro pure, di testa ha scelto il tempo giusto, palleggia con padronanza, intuisce le zone d’ombra in cui nascondersi, avverte la corsa di chi sale in progressione per la sovrapposizione, taglia dentro, esce fuori per fare inserire i centrocampisti e se per caso tutto ciò non vi dovesse bastare, ingordi che non siete altri, segna ai dilettanti e pure ai professionisti più affermati, i vicecampioni d’Europa del Bayern, osservati per un’ora e mezza con insospettabile timore reverenziale – o forse era tutta colpa della fatica – e poi puniti, zac, con un coltello nella loro piaga difensiva, la mobilità.

E ADESSO– Ma chi l’avrebbe detto, appena due anni fa, in prinicipio di quell’estate che condusse Insigne a Foggia, alla corte di sua maestà Zeman, il guru d’un calcio inimitabile, romantico ed espressivo, scariche d’adrenalina tra profondità insospettabili, la diagonale sacrosanta da percorrere verso il paradiso? Lì comincia un’avventura indimenticabile, ancorché dolorosa nell’epilogo, scarabocchiato da qualche errorraccio arbitrale che sul più bello strappa le luci del luna park e lascia in dote al baby bomber «solo» i suoi diciannove gol. Pescara è l’altra sponda d’una felicità che sommerge, la prima onda lunga che s’abbatte sulle vetrine del calcio chic, ormai sedotto e anche un po’ frastornato, incerto sull’evoluzione della specie e però incuriosito assai. Diciotto reti, promozione in serie A e voci incontrollabili come i suoi guizzi che il Napoli stronca a prescindere, persino dinnanzi ci sono talenti che si riproducono faticosamente e Zeman a Pescara riparte da Insigne, gli affida la regia offensiva, che lascia decollare da sinistra o da destra, perché tanto fa lo stesso, lui calcia con entrambi i piedi.
LA LEGGEREZZA– Gli esami non finiscono mai e quando si spalancano le porte dell’Università del calcio, la serie A che stavolta va vissuta da dentro, Lorenzo Insigne si cala nel suo ruolo di slancio, a braccia aperte, come ad Arco di Trento, nella sua prima autentica serata d’autore, perché di fronte ha il Bayern, il fascino accattivante e anche assai conturbante d’una star di dimensione universale: è un’amichevole, lo dice pure la parola, e al bomber viene un’idea meravigliosa, così, ascoltando l’istinto, per gli amici e i parenti che stanno in tribuna. «Segnare per la prima volta con questa maglia mi dà una felicità enorme e poi è ancora più bello essere riuscito a farlo contro una avversaria fortisssima. E’ una gioia immensa». 

E’ un gioco di prestigio, che al calar delle tenebre, viene offerto come dono alla fantasia della sua gente, quella Napoli che sta lì a scrutarne la leggerezza delle movenze, la semplicità con cui sprigiona l’«io»più segreto, la naturalezza d’ogni iniziativa che sgorga a ritmo continuo e che ora serve per autografare il quinquennale fino al 2017 che rappresenta il ponte sul futuro. E’ una dose massiccia d’allegria contagiosa che l’eleva, d’incanto, a figliol prodigo oppure semplicemente a piccolo, grande uomo dei sogni. E’ un tocco di magìa.

 

Fonte: Corriere dello Sport

La Redazione

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