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Insigne sfida il maestro Zeman

Dalla Cavese alla maglia azzurra un tragitto importante per il ragazzo napoletano che lo ha portato ad essere l'idolo dei tifosi

Tutto ebbe inizio anni fa. Diciamo almeno quattro anni fa. E il merito di quello che in un batter di ciglia è stato poi un incontro eccezionale è di Peppino Pavone: sì, fu proprio lui a seguire Lorenzo Insigne ai tempi della Primavera del Napoli e della parentesi con la Cavese,  e poi a presentarne referenze ed elogi a Zdenek Zeman, all’epoca di nuovo allenatore del Foggia. Era l’estate 2010, e il giovanotto brillava già al suo primo ritiro con Mazzarri: tacchi e punte in amichevole al fianco di Lavezzi a Folgaria, e poi cristalli di talento puro distribuiti un po’ qua e un po’ là. Zeman registrava, guardava, ascoltava e fumava. «D’accordo, prendiamolo». Detto, fatto. E il resto è storia piuttosto nota. Che, però, alla vigilia della prima sfida, del primo incontro da avversari di Lorenzo e del boemo, vale la pena raccontare. Dai capelli alle scarpe. Pardon: dall’inizio alla fine.

LE EMOZIONI – E allora, pronti? Sì, certo, prontissimi. Perché d’accordo l’affetto, la stima e la devozione dell’allievo, ma tutto sommato quella del San Paolo sarà Napoli-Roma. E non una puntata della saga di Insigne e Zeman. Certo farà effetto a entrambi, c’è poco da fare, e se magari l’attaccante azzurro riuscirà a manifestare più apertamente le proprie emozioni, il boemo potrà celare ma non nascondere: del resto, per lui, Lorenzo è «il mio bambino». Sì: «Come sta il mio bambino?», la prima domanda rivolta agli amici napoletani che ancora sente e coltiva con l’ironia e la sensibilità che lo rendono unico. Un maestro. Una fede.
LA CRESCITA – Ecco, Insigne è quello che si potrebbe definire: uno zemaniano. Di scuola ed estrazione. Di pensiero: il boemo gli ha dato fiducia a 19 anni a Foggia, in Prima Divisione, e lui lo ha ripagato con il sudore del lavoro e il suono dei gol. Tanti: 19, tanto per gradire alla prima da professionista dopo molta Primavera e qualche mese alla Cavese. Consequenziale il salto di categoria: Zeman va a Pescara e porta anche lui, Lorenzo. Che nel frattempo è cresciuto tantissimo: fisicamente, con almeno quattro chili in più di muscoli scolpiti e pompati a furia di corse, ripetute, salite e discese sui gradoni degli spalti; mentalmente, grazie alla forza della consapevolezza e alla disciplina del rispetto inculcate dal maestro dell’Est; tatticamente, con i tagli, gli inserimenti e i movimenti a palla ferma bevuti, mangiati e assimilati dalla colazione alla cena. Partendo sempre da sinistra nel tridente: alla Totti. «Ringrazierò sempre Zeman», l’Insigne pensiero.
GLI SFOTTO’ – Un gigante di 163 centimetri, il suo bambino. Un funambolo dalle potenzialità ancora inesplorate che, al primo campionato di B, superiore di una categoria rispetto all’esperienza di Foggia, per un pelo non eguaglia il precedente primato personale: 18 gol. Che però valgono triplo, considerando anche la promozione in A. Un interprete perfetto del linguaggio calcistico d’attacco più spettacolare e divertente. Perfetto o giù di lì, dai: certi tagli di capelli e certe scarpe colorate, alla moda, Zeman proprio non le ha mai capite. E probabilmente mai le capirà. E giù sfottò, risate e battute. Perché il clima era questo: lavoro, sacrifici, lezioni e anche risate. Lorenzo non dimentica. Non potrà mai.
GIOIE E DOLORE – Stima e affetto sono immensi, davvero, basta chiedere un po’ in giro per sapere e capire. Un rapporto solido, pulito, cresciuto in mezzo a tante gioie e anche a un dolore: Insigne e Zeman, e tutti gli altri ragazzi di quel Pescara modello lunapark, hanno vissuto insieme anche la tragedia della morte di Franco Mancini. Uno della famiglia che Napoli ha potuto apprezzare come portiere e uomo: c’è anche il suo sguardo, sulla partita di domenica.
DA TOTTI A LORENZO – Una sfida, la prima in assoluto, dicevamo, che sarà illuminata dalla luce della luna e dai flash pronti a immortalare l’abbraccio: nell’intimità degli spogliatoi o magari in campo, davanti a milioni di telespettatori. Bella storia di calcio, questa. Come quella di Totti: fu con Zeman che il capitano giallorosso arrivò alla totale maturazione; ed è proprio a lui, che De Laurentiis s’ispirò rivolgendosi a Lorenzo: «Voglio che diventi il Totti del Napoli». Nel segno del boemo. Il maestro dell’allievo che fa sognare il San Paolo.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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