Mica si può restare nel vago e rigirarsi i pollici: qui è il momento di scuotersi (ulteriormente) e di provare a godersi il tempo, ciò che rimane d’ una stagione intera. Il campionato & la Champions, l’ Europa League e poi pure la coppa Italia: c’ è l’ essenza del calcio, c’ è agonismo, antagonismo, ambizione, aspirazione e dev’ esserci Insigne. «Vediamo come evolve la situazione…». Visto e rivisto, evolve: perché ha ricominciato a correre con i compagni, ad avvertire quelle sensazioni che aiutano a (ri)sentirti calciatore; perché – soprattutto – ha dimenticato Firenze e quel nove novembre ch’ è rimasto un tarlo a lungo, un’ ossessione. «E’ arrivato, l’ infortunio, nel momento migliore».
Erano i giorni di Insigne, e che giorni: l’ assist contro la Roma per consentire – con deviazione – un gol ad Higuain ch’ è da manuale del calcio; poi i primi venti minuti al «Franchi» da «scugnizzo» e ormai la consapevolezza d’ essere rientrato nel giro della Nazionale, perché nelle convocazioni di quella domenica lui c’ era e ci sarebbe rimasto, se non si fosse piegato al destino, rimettendoci un crociato.
VA DI FRETTA. Però adesso basta: sono passati tre mesi e mezzo e c’ è altro a cui pensare, c’ è la voglia matta che implode e il campo che chiama, c’ è il «meglio» che sta arrivando, servito su un piatto d’ argento. Servirà calma, egual mente, e la pazienza giusta per non rovinare tutto; sarà necessario, indispensabile, evitare ogni azzardo; ma il sacro fuoco che divora – piacevolmente – è un propellente e Insigne s’ è messo a contare i giorni, a dialogare con il ginocchio destro per avver tirne le risposte, per coglierne la condizione.
UN MESE. Il Napoli è lì, nella centrifuga: si gioca sempre, dal giovedì al lunedì, poi dal giovedì alla domenica, poi dal mercoledì, chissà, forse a seguire, in una escalation che dipende da sé, dalla forza d’ una squadra che è evaporata a Palermo, in una notte di congiunzioni astrali sfavorevoli, ma ch’ è viva, come ha dimostrato in un 2015 da sballo e che Insigne vuole caratterizzate a modo suo, una finta, un dribbling, una palla a girare sul palo lontano del portiere, uno schiaffo alla sorte che ad un certo punto l’ ha buttato giù e gli ha tolto il gusto di sognare. Ma l’ incubo sta per finire: un mese soltanto, è arrivato il momento.
Fonte: Corriere dello Sport
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