È vero. Il talento di Lorenzo Insigne in questo momento serve più a Devis Mangia che a Cesare Prandelli, serve più all’Under 21 che alla nazionale maggiore che gioca in Armenia dove dal 2000 in poi l’Italia ha vinto nove volte e pareggiato due. Il fenomeno di Frattamaggiore resta fuori dal salotto buono del pallone ma non ci resta male. Anzi neppure ci fa caso. «Anche perché non è sorpreso, è felice di poter giocare una gara decisiva per il futuro europeo degli azzurrini. Nessuno considera questa scelta come una bocciatura. E poi in cuor suo ha grande piacere a rimettere piede a Pescara», racconta Antonio Ottaiano, uno dei manager di Lorenzo.
Papà Carmine, mamma Patrizia e forse il più piccolo dei fratelli, Marco, saranno questa sera allo stadio Adriatico per la gara di andata del playoff con la Svezia. Anche per loro, un specie di ritorno a casa. Mentre Jenny, la giovanissima compagna che ad aprile lo renderà per la prima volta padre, resterà nel nuovo appartamento di Frattamaggiore. «È emozionato, o dentro o fuori. Lorenzo ci tiene a qualificarsi per la fase finale dell’Europeo: di questo gruppo lui fa parte fin dall’inizio», ricorda il procuratore.
Insigne ha vissuto ore speciali, in Abruzzo: il suo ritorno nell’Under 21 coincide con il suo ritorno a Pescara, nella città che lo ha consacrato. Stasera, poi, Mangia gli regalerà un’altra gioia speciale: lo farà giocare di nuovo al fianco di Ciro Immobile con cui Insigne ha fatto coppia nell’anno della promozione in serie A. «Il ct si aspetta molto da me e io voglio dare il mio contributo per conquistare il passaggio del turno. Ho le giuste motivazioni per far bene, stiamo lavorando da due anni con due allenatori bravissimi, prima Ferrara ed ora Mangia, e adesso bisogna solo dare il massimo per centrare l’obiettivo», spiega il numero 24 del Napoli poche ore prima di indossare ancora una volta la maglia degli azzurrini.
Lorenzo è un talento speciale, in campo e fuori. Il suo utilizzo nella nazionale maggiore, vista la fila dei pretendenti più collaudati, sarebbe stato molto probabilmente col contagocce anche questa volta. All’Italia di Prandelli, che deve farsi largo verso i Mondiali in Brasile, in fondo non mancano gli attaccanti: da Balotelli a Destro, da El Shaarawy a Gilardino, da Giovinco a Osvaldo. Ma è evidente che Insigne sia un predestinato e, come tale, chiamato a bruciare i tempi. Ovvio che ci sia chi c’è rimasto male, perché c’era chi lo voleva ancora nella nazionale maggiore, dopo l’esordio positivo di Modena contro Malta. Ma la scelta di lasciarlo nella Under 21 è probabilmente quella giusta: avrà più responsabilità e dovrà dimostrare di più. Insigne ha talento e freschezza. Lo sanno sia Prandelli che Mangia. Ma ha anche necessità di maturare visto che riscopre la maglia azzurra dell’Under con all’attivo sette presenze in serie A ed un gol. I giochi verso il Brasile restano ancora aperti, per lui e per tutta la generazione di fenomeni nata dopo il 90’. Avanti c’è posto. Ma anche tanta concorrenza.
Ovvio che non è mai facile lasciare a casa uno come lui. Nello spogliatoio del Napoli risulta essere disciplinato e rispettoso delle gerarchie rispettando fino in fondo il codice Mazzarri. Che lo tiene sempre sulla corda. Ogni partita una critica, pure quando non sbaglia nulla. Mazzarri lo usa spesso come grimaldello, quando vuol dare freschezza in attacco, ecco Lorenzo che corre, sfonda, apre, colpisce.
Insigne è una potenza, gioca da seconda punta, al centro o sulla sinistra. «Spero sia determinante con l’Under» ha detto Prandelli lasciandolo a Mangia. I due ct lavorano di comune accordo: le convocazioni sono fatte anche tenendo conto delle esigenze dei baby azzurri che con la Svezia si giocano una stagione lunga due anni. Insigne è più avanti di tutti, quasi fondamentale. Mangia s’affida a lui e Insigne sa di avere la fiducia totale dell’ex allenatore del Palermo. E poi lui si muove meglio di tutti nel 4-3-3 di Mangia imparato a memoria nel Pescara di Zeman.
Insigne si lancia così contro gli svedesi (contro l’Aik di Solna, in Europa League, una delle sue migliori prove) con l’entusiasmo e la spavalderia dei vent’anni (21 per la precisione). Il cucciolo napoletano addestrato da Mazzarri è il simbolo di un campionato che ha perso le stelle, ma sta riscoprendo il coraggio e il piacere di lanciare i giovani.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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