Tutte le strade portano a Zeman: ma in quel viaggetto nel futuro, per ora assai virtuale, la nuvola di fumo che sta inghiottendo Lorenzo Insigne, rappresenta (semplicemente) l’incertezza d’un destino ancora avvolto nel mistero. Napoli o anche Roma o anche la Londra dei gunners o Pescara o Firenze o quell’universo ampio rimasto incantato: le variabili impazzite d’un mercato teorico segnalano le più disparate direzioni, ma ciò che vale, in questa estate così romantica, con la brezza della promozione appena conquistata in riva all’Adriatico e il venticello dolce del chiacchiericcio popolare, è quel contratto scritto in tempi non sospetti, in scadenza 2016 e però pronto per essere aggiornato.
NAPULE E’ – Le favole esistono e quel giorno, a Livorno, il 24 gennaio del 2010, Insigne capì d’esserci finito dentro, debuttando all’Ardenza con la maglietta della «felicità» addosso: ma chi l’avrebbe detto che poi sarebbero riusciti a vivere tutti anche così contenti? «Io sognavo di poter un giorno giocare nella squadra per cui faccio il tifo da sempre». La vita è adesso, al termine d’un biennio meraviglioso, una parabola a effetto speciale disegnata tra Foggia e Pescara attraverso le lezioni d’un professore come pochi che gli ha insegnato come s’attacca lo spazio, come si taglia, come si converge, come si calcia, come si diventa grandi: e ora che nell’aria è un fiorir di ipotesi, banali o anche suggestive, Antonio Ottaiano, il manager d’Insigne, ha già definito le gerarchie calcistiche in cui la prima scelta è (chiaramente) quella del cuore: «Siamo in attesa di una decisione del Napoli e la prossima settimana dovrei incontrare il diesse Bigon per capire i piani societari. Ma sappiamo che De Laurentiis stravede per Lorenzo, il quale è consapevole di non poter aspirare a un posto da titolare: però lui vuole avere la possibilità di giocarsi questa opportunità».
IL COLPO – Alle origini d’Insigne s’arriva scavando nel lavoro d’un club che rinasce dal Fallimento in ogni suo anfratto e che deve rifondare da zero pure il settore giovanile: Giuseppe Santoro va per campi, allestisce raduni, e prim’ancora di divenire il braccio destro di Mazzarri se ne sta nell’ombra vivendo da moto perpetuo che vaga per la provincia, che osserva e memorizza; e quando a Frattamaggiore, nel giugno del 2006, rivede Lorenzo, all’epoca all’Olimpia Sant’Antimo, presenta un’offerta che ora, verificata la crescita di quel giovanotto che abbagliò il talent-scout, fa «rabbrividire»: millecinquecento euro, il fitto d’un sogno che in poco più d’un lustro è diventato «inavvicinabile» per chiunque, avendo il Napoli (praticamente) deciso d’investire su quello scugnizzo geniale, candidato naturale all’eredità del pocho.
GLI INTERESSI – Millecinquecento per averlo: e adesso? Il prezzo giusto non esiste, perché nell’ultimo biennio Insigne è stato semplicemente prestato, ma il giochino da bar sport attrezzabile per la circostanza induce a spingersi intorno ai dieci milioni di euro, più o meno la valutazione dei suoi «soci» Immobile e Verratti, enfant prodige d’un miracolo per teen agers.
CASA SUA – La svolta avviene a Foggia, facilitata dalla capacità espressiva di Zdenek Zeman, che fa di Insigne un fenomeno da diciannove reti: ma è ancora serie C e i pregiudizi, nel calcio, hanno radici profonde, da rimuovere attraverso un lavoro costante ed una continuità crescente. Pescara è storia di questi giorni, sono altre diciotto reti, veroniche e prodezze, capolavori e intuzioni, e poi la promozione in serie A, con gli accostamenti più audaci che trasformano Insigne nel Messi dell’«Adriatico», e scatenano il mercato in un tourbillon da far girare la testa, almeno sino al centro di Castelvolturno, l’habitat naturale d’un gioiellino che ha fatto innamorare De Laurentiis, Bigon e Mazzarri e che ha una valigia pronta, destinazione stadio San Paolo. Perché Napoli è la sua culla.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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