Magnifico: e dinnanzi a un televisore, smanettando per rivedersi, è stato entusiasmante riscoprire se stesso, l’Insigne di Pescara (e pure quello di Foggia), quel talento specialissimo cresciuto da Zeman a tagli e diagonali, movimenti a entrare e a uscire, poi verticalizzione del pensiero, del pallone. Magnifico: nei movimenti, nella padronanza del fondamentale, nello sviluppo della propria idea, nella lettura del movimento altrui, nell’esecuzione del meccanismo offensivo, Ha già capito cosa vuole da lui Benitez: movimento, tecnica, giocate. «Quest’anno faremo grandissime cose, la gente ci stia vicino, non si pentirà»personalizzato
attraverso quelle gocce di genialità che appartengono al codice genetico: e, dovendo scaricare adrenalina, alle due della notte, piacersi è stata una scarica d’autosima per quell’Insigne prontissimo per Benitez.
SENZA LIMITI – Due assist e un gol, poi una serie di interpretazioni libere e molte altre suggerite da uno spartito che va ancora memorizzato ma che comunque concede libertà, non opprime eccessivamente in coperture (qualcosa, certo, nell’allineamento a quattro del centrocampo) e comunque una concessione ampia per ondeggiare da sinistra a destra, oppure cercare in sé la giocata migliore. «Siamo partiti bene e stiamo facendo ciò che ci ha chiesto Benitez. Quest’anno faremo grandi cose…» . Avanti tutti, Insigne compreso, in quel modello di calcio anglo-ispanico-italiano che si racchiude nel 4-2-3-1 e che richiede adesso nuove motivazioni, perché ci si rimette in gioco, nessuno escluso: «E ce la metteremo tutta per arrivare in fondo. I tifosi ci stiano vicini» . Detto e già fatto, ancor prima che il messaggio partisse dal centro del campo per arrivare al cuore di quei sessantamila, che intanto s’erano prodigatti in una standing ovation e allo scugnizzo avevano dedicato cori personalizzati. «Un’emozione» .
REVIVAL – La notte è (sempre) fatta per sognare e però, stropicciandosi gli occhi, quell’Insigne che ricama, disegna parabole deliziosamente perfide, è assolutamente reale: cinque minuti per metterla giù con il sinistro, «puntare» l’avversario, schivarne la sagoma, lasciar scivolare la palla sul destro, osservare Pandev e spingerlo allo stacco per l’1-0. Ma c’è dell’altro in quell’ora e mezza spremuti senza offrire punto di riferimento, alternandosi con Calljon sugli esterno, poi «strappando» la zona centrale al copione per andare a servire sulla corsa Zuniga, esaltato per la rete del 2-1 attraverso quella finezza ch’è capacità di palleggio sublimata persino concedendo i giri giusti alla palla. Il dischetto volante, quel 3-1 dagli undici metri, diviene (persino) dettaglio marginale, una spalmata di personalità per dimostrare che Insigne c’è ed è (Lorenzo il) Magnifico.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
G.D.S.
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