Clamoroso al Cibali: perché quella macchina infernale – 14 reti in 5 partite – s’è inceppata. «Clamorosissimo» al Cibali, perché quelle bocche di fuoco, 2 alla Juve in Supercoppa, 3 reti al Palermo e 2 alla Fiorentina, altre 3 al Parma e 4 all’Aik, si sono spente all’improvviso: una doccia gelata sulle proprie aspirazioni, una involuzione (passeggera?) registrata ancora lì, in quel microcosmo indigesto. Si scrive Catania e però si legge maledizione: perché dev’esserci qualcosa di strano, magari sarà l’aria o anche il clima e quel caldo, oppure assolutamente nulla di tutto questo, è umanissimo pure per i tenori steccare ogni tanto.
DUE TIRI – Poi rivedi la partita e t’accorgi che sì, ci sono domeniche che sembrano fatte apposta per tre ed invece nascondo il trucco, che c’è e non si vede: perché dopo un minuto e ventitré secondi, alzi la mano chi non ha pensato alla goleada e non s’è disegnato lo sviluppo di Catania-napoli a modo proprio. Magari l’hanno fatto anche in campo, tanto prima o poi crollano, con questo sole, con il giro palla, con la zampata del matador o una invenzione di Pandev o una incursione di Hamsik. E invece, vai a rivedere quell’ora e mezza (con i 4’ di recupero) praticamente senza Alvarez e vedi che il tabù ha un senso: sempre qui, a Catania. Un anno fa finì addirittura peggio, 2-1 per i rossoazzurri; due anni fa finì 1-1 ma non fu come stavolta; e pure lo 0-0 di tre anni fa fu diverso, almeno quella volta il dettato tattico si intravide. Stavolta, nulla; nada de nada per dirla in castigliano, la lingua madre d’un derby del Sud assai sfuocato, almeno in salsa partenopea.
MATA NO – Invece, resta un sinistro di Cavani, quello bello, e però in chiusura di primo tempo, quando s’era avuta percezione delle difficoltà: quarantuno minuti per ritrovare una legnata stilisticamente egregia e sentire un formicolio. Invece è stata una apparizione. Un’altra, poi: sesto del secondo tempo: di nuovo Cavani, che scopre di avere sul destro la palla buona dopo una serie di carambole che finiscono per trasformarsi in assist, prima dell’uscita di Andujar. Il resto è noia, in strofa: un tentativo dalla distanza di Hamsik, qualche palleggio vuoto di Pandev, persino le quattro punte più Marekario in mediana, il che è un messaggio di Mazzarri che il Napoli non riesce a decodificare.
LA SPERANZA – Poi c’è il cinguettio della serata, perché tornando verso casa, Inler s’è sistemato dinnanzi a twitter ed ha provato a dare una spiegazione all’amarezza collettiva, compresa la sua: perché lo 0-0 di Catania rimane nella pelle e forse anche nella testa ed allo svizzero ha concesso solo un pallido tentativo di analisi: «Ci abbiamo creduto sino alla fine ma è andata male. E allora proviamo subito a riscattarci con la Lazio» . Rprovare, dunque: e però ripartendo da Cavani e da Pandev e da Hamsik, poi magari toccherà anche a Insigne e Vargas; e dopodomani, sarà comunque un’altra serata, un’altra partita, forse questo vorrebbe dire Inler mentre si rivolge all’universo di amici che sono in contatto con lui e da lui si lasciano «coccolare» con quelle carezze della sera che servono per lenire la ferita. Però, chi mai l’avrebbe detto alla vigilia, risistemando i conti dell’avvio di stagione? E chi al secondo minuto di Catania-Napoli non avrebbe sospettato che prima o poi… Forse pure Cavani, Pandev e Hamsik erano fiduciosi, magari un po’ troppi; e forse a Insigne e Vargas l’idea sarà nata istintivamente. E invece: clamoroso al Cibali, manco stavolta il Napoli ce l’ha fatta. Ma, ottimismo dello spogliatoio, frase sussurrata e lasciata lì: «Qui non si torna prima del prossimo campionato» . Capito: le streghe da scacciare via dall’anima, c’erano!
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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