E poi si riparte: quel senso di smarrimento, provocato dal profondo giallorosso che li ha inghiottiti, è la sensazione dominante; però mica si può restare aggrappati a quell’incubo per l’eternità! «Infatti: guardiamo avanti: e comunque io non sono per nulla rimasto insoddisfatto della nostra prestazione» . Si scrive Inler e si ripensa all’epicentro d’una questione morale (pisologica) che ha un valore preciso: e però, in quella terra di campo che resta comunque (molto) verde, c’è un quadrifoglio da cogliere e una qualificazione in Champions da tutelare. «Siamo qua per dimostrare cosa è effettivamente il Napoli. La sconfitta di Roma non ha lasciato alcuno strascico: il calcio è questo, vinci o pareggi o ne esci anche sconfitto. Ma se hai la coscienza a posto, se hai dato il cento per cento, sai che non devi rimproverarti alcunché. E non niente dobbiamo rimproverarci» .
VENITE A ME – Ciak, si gira: ruotando intorno ad Inler, ad un regista ritrovato nella sua autorevolezza, ad un «padroncino» della metà campo ch’è uscito dal (parziale) letargo nel quale s’era ritrovatato. Ciak, si vira: e la Champions diviene materiale evocativo, perché dici Inler e pensi (innanzitutto) alla rasoiata al Villarreal e poi magari pure a quel missile terra-terra utile per regalarsi (appena) un’illusione a Stamford Bridge. «Io ci proverò sempre a far gol, così come tenetranno i miei compagni di squadra. Ma la questione è altra, molto più ampia: il 2-0 con la Roma non ha generato in noi alcun tipo di problema, siamo tutti interessati a dimostrarlo. E io, che considerate un leader di questo Napoli, vi dico che sto bene, parlo molto con il mister, così come mi accade in Nazionale, e sento di essere cresciuto e di poter migliorare ancora» .
NO LONDRA – La Champions, ma che piacere: 2-1 al Borussia Dortmund, esibendo calcio evoluto, spupazzandosi i vice campioni d’Europa, prima di sculacciarli; e però anche l’Emirates, quindici-venti minuti da perdersi, distanze siderali tra i reparti e soprattutto la testa in quel fumo londinese che annebbiò, che accecò, che avvolse il Napoli fino a farlo sparire. «Ecco un errore da non ripetere, assolutamente: serve concentrazione altissima, la massima attenzione sin dal fischio d’inizio. Sappiamo che verranno a pressarci, sappiamo che affronteremo un OM assai fisico, sappiamo che devono vincere per restare in corsa: ma noi vogliamo arrivare lontano e per riuscirci servirà una grande gara» .
«CI SIAMO» – E allora: benvenuti al Velodrome, per cercare d’intrufolarsi nel sottile (e forse un po’ perverso) meccanismo psicologico d’una squadra ch’è nata per stupire, sempre. E’ Marsiglia-Napoli e sembra già il crocevia d’una stagione che per entrar nel vivo avrà bisogno d’una marea di partite: però, intanto, si potrebbe intuire se l’Olimpico è stato un caso racchiuso negli episodi, e se a Londra fu un black-out collettivo. «Io non credo sia una partita decisiva, perché comunque ne resteranno altre tre di Champions. E’ per evidente che inseguiamo il miglior risultato possibile e che siamo consapevoli della nostra forza. Gli incidenti di percorso fanno parte del calcio e stavolta, statene certi, non sbaglieremo l’avvio. Conosciamo l’Olympique, hanno qualità e ci daranno filo da torcere. Giocheremo in uno stadio nel quale la passione è simile a quella del San Paolo: me lo hanno detto amici che hanno avuto modo di sperimentare il Velodrome. Ma il Napoli pensa in positivo» . Ciak…
Fonte: Corriere dello Sport.
