La rinvicita è un piatto che si serve caldo, anzi bollente, a tre giorni di distanza dalle ammaccature «morali» di Catania. Ma la vendetta è anche una ciotola da lasciar sorseggiare fredda, a distanza siderale da quel braccio di ferro che consumò un’estate – e anzi di più. La rivincita di Gokhan Inler è una serata torrida, bollente, di calcio elitario: pressing e anche forcing e poi palleggio ritmato, lanci corti e lunghi e una attenzione riservata a Hernanes con lucidità mai perduta. Ma la vendetta di Goran Pandev, nel contesto d’un 3-0 sontuoso, è la cartolina rifilata a Lotito, il nemico dal quale scivolò via rescindendo il contratto dopo un’estenuante lotta intestina alla Lazio.
L’OROLOGIO SVIZZERO – Il miglior Inler da un anno in qua è il centrocampista accattivante che nell’Udinese si prese la scena e finì per divenire una stellina da diciassette milioni di euro, versati senza incertezze da De Laurentiis per arricchire di fisicità e di talento, di tempi giusti e di materia grigio, un centrocampo al quale serviva tutto ciò. Inler o Vidal? Il dubbio amletico dell’estate del 2011 diviene il tormentone delle serate buie, dei pomeriggi dolorosi, delle occasioni sprecate: e però, in quello svizzero taciturno ma sensibile, covava il desiderio di mostrarsi completamente, di esibire il proprio repertorio, di scacciare via qualsiasi (eventuale) forma di pentimento, peraltro mai accennato né da De Laurentiis, né da Mazzarri, soddisfatti di quella regolarità e per nulla ingolositi da qualsiasi forma d’eccesso. Napoli-Lazio diviene uno show e Inler, sempre con discrezione, si prende la (sua) scena: dirige in scioltezza, governa con naturalezza e poi ci infila pure una consistente dose di autorevolezza, andando a raddoppiare in fase di chiusura e ad avvicinare chiunque nell’esigenza degli «scarichi»; assumendosi le responsabilità persino attraverso qualche no look e poi godendosi lo spettacolo da una cabina di regia occupata da solo, in lungo e in largo. La rinascita di Inler è una spruzzatina di freschezza per il centrocampo, è senso della posizione in fase passiva da consumare su Hernanes, è una lettura generale del ruolo del centrocampista che conferma d’avere nelle corde non solo la capacità di costruire ma anche quella di interdire.
L’ORGOGLIO MACEDONE – Il Pandev che t’aspetti è lo spigoloso alfiere d’un attacco che in sei partite ufficiali s’è fermato soltanto a Catania, in quello 0-0 da affossare con la goleada utile pure per sentirsi appagato, ricordando Lotito e quell’inferno attraversato con fierezza sino all’ultimo grado di giudizio. Il tempo è scivolato via velocemente e intanto c’è scappato un «triplete» con Mourinho e una coppa Italia con il Napoli: ma in una serata specialissima, l’orgoglio macedone può finalmente impennarsi, si gode la «tripletta» e poi sfila via a ricordare cosa fu quel contenzioso e quanto costò dal punto di vista nervoso e anche professionale. Un gol (inutile) alla Juventus nella finale di Supercoppa e poi un gol al Parma (un rigore conquistato e un assist per Insigne) per togliersi di dosso (e anche da dentro) le ombre e le scorie cinesi: ma la partita, la sua partita, al di là dei convenevoli, il suo derby personalissimo, vive due volte, all’andata e al ritorno, non con la Lazio ma con Lotito, l’essenza di una ribellione postuma che si rilancerà ad ogni circostanza. Dura l’ex….
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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