Fu un flash o forse no, fu un lampo d’ira: « Ricordo che decisi di fare la mia proposta per aggiustare la partita ai miei compagni della difesa. Mi rivolsi a Paolo Cannavaro e a Grava e a nessun altro; escludo che fosse presente Santacroce; escludo che fosse presente De Sanctis ». Chissà, forse fu addirittura rabbia: « Ricordo che Cannavaro e Grava diedero immediatamente e con estrema decisione una risposta negativa; dall’espressione del loro volto compresi che erano visibilmente risentiti per la proposta ricevuta ». Fu lì che Matteo Gianello comprese d’essersi spinto oltre, d’aver violato l’atmosfera cordiale e amicale d’uno spogliatoio impermeabile, refrattario a sollecitazioni equivoche: pagina 6 del verbale sull’interrogatorio del 15 giugno del 2011, si parla di Sampdoria-Napoli del 16 maggio del 2010, delle pressioni che l’ex terzo portiere di quella squadra riceve dal suo amico Silvio Giusti, s’avverte persino tra le virgole di quei fogli il disagio di chi dice e si contraddice, fino a quando non ammette d’averci provato e d’aver sbattuto il naso in faccia ad una porta. Qui Napoli, a voi Roma, al dottor Palazzi, al quale il procuratore aggiunto Giovanni Melillo e i pm Antonello Ardituro, Stefano Capuano, Danilo De Simone e Vincenzo Ranieri hanno girato « per conoscenza » gli atti di indagini preliminari chiuse ieri con la notifica dell’avviso di garanzia per Gianello e Giusti accusati di « aver compiuto atti diretti ad alterare il risultato di Sampdoria-Napoli» .
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