La voglia di riscatto ha gli occhi che brillano d’emozione e le gambe forti di undici ragazzi vestiti d’azzurro su un rettangolo verde. Quarto ricomincia da qui: la voglia di riscatto civile, sociale e morale di una collettività intera passa per lo stadio «Giarrusso», diventato ormai uno dei simboli della lotta alla camorra. Qui, dove solo qualche settimana fa la solita mano vigliacca che si muove di notte, come fanno i ladri, ha danneggiato le porte e scritto con vernice spray scritte inequivocabili contro la legge e contro lo Stato; una ritorsione contro chi era riuscito a dimostrare sul piano investigativo e giudiziario la riconducibilità della vecchia gestione a personaggi legati al clan Polverino.
Ma alle undici della prima domenica mattina di questo autunno qui è già tutto diverso. Non solo perché – simbolicamente – sono presenti le istituzioni, che hanno i volti del pm della Dda Antonello Ardituro, del rappresentante antiracket della Regione Franco Malvano, di un altro pm antimafia, Francesco Valentini, del presidente Figc-Lega dilettanti, Salvatore Colonna con il segretario Vincenzo Pastore, della parlamentare del Pd Teresa Armato, di sindaci, ufficiali dei carabinieri e rappresentanti della Questura di Napoli. Un microfono diffonde il messaggio, l’invito a lavorare tutti insieme perchè la cultura della violenza sia per sempre sconfitta, scritto da Paolo Siani, nel nome di Giancarlo ucciso 27 anni fa, proprio un 23 settembre. E fuori, all’esterno dello stadio, ad accogliere i tifosi è uno striscione inequivocabile: «Vietato l’accesso ai violenti».
C’è anche Diego Occhiuzzi, lo schermidore posillipino premiato alle Olimpiadi di Londra con l’argento e con il bronzo, che non ha esitato ad aderire all’iniziativa. Sua l’idea – subito accolta a Coverciano – di proporre al ct della nazionale azzurra Cesare Prandelli di far allenare a Quarto l’undici azzurro in occasione della imminente trasferta al San Paolo. «Perché – dice Occhiuzzi, stringendo tra le mani una maglia rosso fiammante su cui c’è scritto «Lo sport unito contro la camorra» – lo sport è capace di fare miracoli grandi, grandi miracoli». Forse ha ragione. Racconta Luca Catalano, l’amministratore giudiziario della squadra, che «sono arrivate richieste di gemellaggi non solo dalla provincia di Napoli», e che un invito a giocare un’amichevole con il Napoli «è arrivato dal presidente De Laurentiis».
Sotto un sole che scotta, sugli spalti, poco meno di mille persone. Ed è già un bel successo. Ci sono pochi simboli capaci di trascinare animi e coscienze, come il calcio. Si gioca contro l’Atletico Bosco Frattese, e il risultato finale – tre a zero per i padroni di casa – corona la giornata. Giustamente raggiante è pure Luigi Cuomo, commissario del club: molti dei meriti di quello che è stato fatto è suo. «È una giornata importante per tutta la società e per la città di Quarto. Le numerose presenze e la solidarietà ricevuta ci incoraggiano ad andare avanti». E poco importa se a metà partita pure si è sentito un flebile coro stonato, voci isolate contro i magistrati e le forze dell’ordine; come pure ininfluente è stata la comparsata – durata mezzo minuto e nemmeno – all’arrivo di una decina di personaggi pieni di tatuaggi, ultrà sparsi, nemici a prescindere del «sistema» calcio. Trovano poco seguito anche le polemiche su certe assenze – il governatore Caldoro e il presidente della Provincia Cesaro – fatte notare dai Verdi Ecologisti. Quel che conta e che resta, in questa bella giornata di calcio e legalità, sono proprio le parole del pm Antonello Ardituro: «Abbiamo fatto questa scelta – ha spiegato – perché il calcio è un potente mezzo per trasmettere valori ai giovani. È vero: all’inizio non pensavo che si potesse avere tutto questo seguito. Noi con questa squadra abbiamo pensato di fare l’opposto di ciò che avviene con una squadra di calcio che prende consensi tra i giovani per la camorra: lanciare messaggi positivi. Vorremmo che tutto il mondo del calcio si impegnasse in questo senso: significherebbe vincere lo scudetto della legalità».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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