Il veleno è nella coda d’una giornata terrificante, un concerto, pardon un assolo, da incantare Siena: il quarto tenore, quel fuoriclasse infilatosi nel Napoli con dolcezza, poi capace di scuoterlo a suon di acuti, ha appena intonato la sua melodiosa sinfonia, stop e palleggio, poi controllo e tiro, e gli sta per scappare l’urlo liberatorio. E’ gol, macché, sembra gol, perché il diavolo veste Pegolo, ancora lui, di nuovo lui, e la manata salvifica che tiene in vita il Siena e demoralizza il Napoli, è una risposta da protagonista per quel palcoscenico ormai posseduto da Pandev, che nell’orgia di quel finale non sa cos’altro dire. «Ma che parata ha fatto?».
LA QUINTA- La felicità è un istante, un flash che acceca, un’esplosione di gioia che evapora al triplice fischio di Damato, quando ormai è finita e non c’è verso di dare un senso alla domenica del macedone, alla sua esuberanza, ai magheggi che elevano a Pandevmonio venti minuti da elettrochoc. Non vale, perché certo è un pareggio e questa è pure la quinta rete in due mesi infarciti pure da un bel po’ di assist, però il barometro del novantaquattresimo indica tempesta, che sta per delusione, per un volto scavato in quell’espressione di stupore che si perde tra le braccia di Pegolo, il carissimo nemico Con un colpo di testa ieri ha aggiustato una domenica storta Il pareggio all’86’, ma anche grinta e assistdella porta accanto. «Ma che parata hai fatto?».
DI TESTA- Ma chi l’avrebbe detto che in quel mischione selvaggio, tra corazzieri bianconeri e aitanti giovanottoni azzurri, venisse fuori proprio Pandev, l’autetico gigante del Napoli di un pomeriggio un po’ così, in cui si fa fatica contenere la delusione per aver buttato via due punti? E allora, è il suo momento, perché ha senso tattico, ha fiuto, ha carattere per prendersi la partita sulle spalle e trascinarla al dunque, per Siena al pari, che non è granché ma che comunque serve per rimuovere la zavorra d’una sconfitta che oramai pareva nell’aria. Rete di Pandev, che già di suo ci aveva messo un bel po’, con scariche di adrenalina per scuotere una gara apparsa piatta e poi indecifrabile: la quinta scheggia, stavolta una capocciata che disegna una traiettoria perfida e letale – per il Siena – come una lama.
E ADESSO L’INTER- Due reti alla Juventus, per cominciare lo scorso ventinove novembre, tanto per togliersidi dosso la polvere di una convalescenza forzata, rimediata proprio tre giorni dopo essersi preparato da ex a san Siro; poi il laser al Genoa, la rasoiata in girata al Palermo e adesso pure questa contorsione in elevazione, a fregar Contini, dieci centimetri in più: ma ora, riafferrato il pareggio, che lascia la Champions lontanissima e tiene pure distanti dall’Europa minore, arriva l’Inter. E non può essere una partita normalissima, una gara come tutte le altre, perché nella vigilia si addensano i ricordi, si ripensa a ciò ch’è stato con Mourinho, al triplete, alla solennità di certi momenti vissuti fianco a fianco. E’ la gara di Pandev ed arriva a proposito, dopo aver lustrato il destro e il sinistro e aver messo persino la testa a posto, nella ressa di quell’area di rigore oramai dominata con leggerezza e però sopportata alla fine con malinconia, salutando Pegolo e complimentandosi con lui per essere arrivato là dove sembrava impossibile approdare: « Ma che parata hai fatto?» .
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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