La strategia è stata chiara sin dal ritiro, anzi dal mercato: costruzione di due squadre, una che fosse concentrata innanzitutto sul campionato e l’altra che avesse come obiettivo l’Europa League. Con gerarchie chiaramente definite e però da mettere in discussione attraverso il lavoro del campo: quello infrasettimanale durante gli allenamenti o anche quello «ufficiale» delle partite. I titolarissimi sono investiti del loro ruolo attraverso il proprio curriculum vitae, ovviamente: e il minutaggio di questo inizio di campionato, ribadisce le priorità stabilite in precedenza. In Juventus-Napoli, ombre sparse qua e là: Maggio che soffre, e tanto Asamoah, lo subisce nella corsa nella interpretazione; e Pandev che fatica ad essere se stesso, ad accompagnare l’azione, a tener palla come dovrebbe. E’ una serata, semplicemente un’indicazione, che lascia comunque emergere – inevitabilmente – una domanda: ma allo stato attuale è cosi lontano Insigne dal macedone? Serve necessariamente utilizzare il misurino, per affidarsi a quello scugnizzo che ha dimostrato di saper anche garantire sacrificio nelle coperture, assecondando le esigenze tattiche come a Eindhoven, quando s’è travestito come quinto di centrocampo a sinistra? E poi, la variabile impazzita Insigne può essere decisiva nel modificare l’equilibrio di una gara, avendo il ventunenne nella testa la capacità di andare a cercare l’uno contro uno?
Controanalisi: Pandev s’è presentato alla terza, dopo le due giornate di squalifica iniziale, e con il Parma s’è conquistato un rigore, ha segnato ed ha mandato in porta proprio Insigne. Ha brillato di suo anche contro la Lazio e con l’Udinese; è andato invece in sofferenza – e può essere semplicemente una casualità – fuori casa: a Catania, dove tutto il Napoli venne soffocato dal caldo; ma anche a Marassi e poi a Torino. E se servisse fargli avvertire la competizione con Insigne, per stimolarne (umanamente) le motivazioni?
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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