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In 8.000 a Livorno per l’ultimo saluto a Morosini

Durnate la veglia funebre c'erano le canzoni di Ligabue e Jovanotti, i suoi artisti preferiti

Al Moro la pioggia piaceva, adorava giocare sull’erba bagnata. E Pescara l’ha lasciato andar via così ieri mattina, con una pioggerellina sottile sottile che sapeva di mare. Le ultime firme, poi via sull’autostrada, verso Roma, scortato dai cinque amici che gli sono rimasti accanto per ogni secondo dal quel maledetto sabato. C’è il cugino Piergiulio a rappresentare la famiglia, c’è l’amico e manager Ernesto Randazzo. Quante volte avranno viaggiato su e giù per lo Stivale insieme? Tante. Ma dopo questo viaggio, nulla sarà più come prima. Livorno no, Livorno gli ha spalancato le sue braccia sotto un sole generoso e sincero, come lui. Un sole che scalda i cuori in una mattina in cui è impossibile tornare a casa senza quel senso di vuoto che accompagnerà tutti d’ora in poi: la squadra, i dirigenti, i tifosi, la gente comune che forse l’avrà visto giocare poche, pochissime volte, ma che ora sente di conoscere da sempre questo ragazzo perbene. E che ha scoperto di volergli un gran bene.

L’ATTESA – C’è un silenzio strano al Picchi. Un’attesa lunga, forse più lunga delle oltre cinque ore che a Piermario e ai suoi amici sono servite per raggiungere la Toscana. E’ ora di pranzo, è un giorno feriale, in tanti sono al lavoro. Eppure Livorno c’è: cinque, sei, ottomila tifosi, forse di più, mezzo stadio pieno, la tribuna e la Curva Nord, il cuore della tifoseria amaranto. Lì c’è un solo grande striscione: «Avevi la nostra maglia… Ciao Moro» . Già, perché Piermario Morosini per tutti è ormai semplicemente Moro: l’amico di sempre, un fratello, un figlio, uno di famiglia insomma. Lui che la sua l’aveva persa troppo presto, e così crudelmente, è entrato nei cuori di tutti. Per non uscirne più. C’è un silenzio strano al Picchi. Ma lo rompe l’altoparlante che quasi sussurrando fa suonare le canzoni del Moro, la sua playlist. Adorava Ligabue e quei primi versi di “Non è tempo per noi” sembrano scritti per lui: «C’han concesso solo una vita, soddisfatti o no qua non rimborsano mai» . A lui la vita aveva tolto tanto senza mai rimborsarlo, eppure Mario aveva dato un senso a tutte quelle sofferenze. C’è un silenzio strano al Picchi. Senza sussurrare una parola, i ragazzi del vivaio invadono il terreno di gioco: molti si schierano in campo, altri formano una catena amaranto intorno alla pista d’atletica. E’ lì che il Moro farà il suo ultimo giro di campo, è lì che bisogna accoglierlo, coccolarlo un’ultima volta. Ci sono anche due carabinieri in alta uniforme, sono lì con una corona di fiori che arriva dal Quirinale, perché il dramma di Morosini ha colpito nel profondo anche il presidente Napolitano.
L’ULTIMO GIRO – La playlist del Moro scandisce l’attesa, il suono della sirena annuncia l’arrivo di Piermario allo stadio, per l’ultimo giro di campo. C’è l’inno del Livorno, c’è la sua foto sul cofano della Mercedes che l’ha portato fin qui. Avanza lentamente, si ferma sotto la curva Nord. Un applauso assordante, sciarpe, fiori, la sua maglia amaranto numero 25. Nessuno la indosserà più, a Livorno. Però in questo martedì crudele la indossano tutti, la maglia 25, da Barone ai più giovani della banda di Madonna. Si tengono stretti l’un l’altro i compagni del Moro, e d’ora in avanti in quell’abbraccio ci sarà sempre anche lui, lui che non c’è più. Il vescovo di Livorno, monsignor Simone Giusti, benedice Piermario: «Solo l’amore salva, solo nell’amore il nostro fratello vive. Che Piermario possa per sempre ricordarsi dell’affetto di questa città e dei suoi compagni. Avrà la gratitudine di tutti noi» . Sì, è Livorno a chiedere al Moro di non scordarsi di lei. Perché lei, la Livorno amaranto, non potrebbe dimenticarlo mai.
L’ABBRACCIO – La macchina del Moro riparte, si ferma all’ingresso dall’altra parte del campo. C’è ancora il tempo per un abbraccio, quello tra il dg amaranto Gardini, il cugino di Morosini e il suo agente: un abbraccio che voleva dire tante cose. «E’ stata una cerimonia commovente, un’incredibile manifestazione d’affetto» , dicono gli amici del Moro, commossi. Dal Picchi ripartono con una grande scatola: dentro non ci sono solo gli effetti personali di Morosini, ci sono tutti i biglietti, le sciarpe, le magliette, tutti i ricordi, insomma, che la gente di Livorno ha depositato sul muro della Curva Nord in questi giorni. La famiglia di Morosini ha voluto farli arrivare fino a Bergamo. Il Moro riparte, ancora poche ore di viaggio: è quasi notte, è quasi casa, è tanto amore.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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