NAPOLI – No, così no: questa è la faccia bella ma terribilmente crudele d’una serata magica, illuminata sino a due minuti dalla fine dal maestoso orizzonte degli ottavi di finale. Ma no, così non è giusto: ma è il calcio, perfido, diabolico, che manda fuori (con dodici punti) il Napoli dall’élite. Non è giusto e però accade, dopo che per un quarto d’ora uno stadio intero – una città – ci ha creduto. E’ 2-0 ma non basta, perché il Borussia Dortmund passa a Marsiglia ed è una «maledetta» questione di reti che tormenta Higuain e gli scatena un pianto dirotto.
FACCIA A FACCIA – No, così no, proprio al termine di una partita d’una bellezza indiscutibile, sviluppata su ritmi elevatissimi per quarantacinque minuti densi anche di organizzazione tattica, ch’emerge in un Napoli ritrovatosi nel suo insieme e ribadita dall’Arsenal che potrebbe ormai bendarsi, conoscendo nei dettagli i movimenti d’ognuno. E’ una sfida d’intensità ma non solo agonistica, perché pure cerebralmente c’è un senso compiuto del calcio ch’entusiasmante. Ma la qualificazione va al di là dello spessore estetico di una serata assai chic, con Napoli e Arsenal che fanno a gara per mostrare ciò che sanno fare, come lo sanno fare e non indietreggiano mai. E’ una notte per cuori forti, inattaccabili alle sollecitazioni che arrivano via etere e trasmesse in campo dal brusio o dall’esaltazione popolare, ma si va in fibrillazione a ogni giocata, nella quale può nascondersi la svolta. Otto minuti e il Napoli muscolare (Dzemaili preferito a Inler) mostra la sua faccia migliore, verticalizzando da Mertens (stranamente a destra, con Callejon a sinistra) a Pandev per un sinistro tiepidino. Benitez è riuscito a rimuovere ogni incrostazione (persino psicologica) e il possesso-palla ne è testimonianza: a Wenger – allora – viene l’idea di starsene sulle sue (già espressa in avvio preferendo Rosicky a Ramsey), attesa e ripartenza classica, a campo aperto, avendo qualità da vendere. Callejon lustra un destro (13′), il dominio partenopeo è palpabile ma quando Giroud (23′) carica il sinistro, il primo santo ad essere interpellato è Rafael, degno sostituto di Reina, con una manata aperta per «demolire» la girata del francese e poi ringraziare gli dei che fanno inciampare Ozil sul limite area per la battuta.
CREDERCI – Si può uscire, e ci mancherebbe, ma a testa alta: il Napoli sceglie di lanciarsi con il corpo sull’Arsenal, lo fa attraverso un pressing che prosciuga e con un forcing che è apprezzabile e illude (38′) sulla sventagliata di Mertens per Maggio, una catapulta che arriva sul cambio gioco. L’Arsenal è colto di sorpresa, Szczesny se ne va nella terra di nessuno, a chiudere sull’incrocio di sinistra, e a Maggio il pallonetto dice male di poco. E’ lettura scontata, vero, però godibilissima, alla quale aggiunge pathos Szczesny che sceglie un’avventura, su retropassaggio di Koscielny: l’appoggio al proprio centrale diventa una chanche per Higuain, che ci mette la testa ma non trova la porta.
DISPERAZIONE – Meno di un’ora e Benitez rompe gli indugi: infila Insigne, toglie Pandev, sposta Callejon alle spalle di Higuain e per poco non viene premiato da una percussione di Armero (13′) che trova il buco ma quando arriva davanti a Szczesny non riesce a rimediare la freddezza d’un bomber. Il Napoli è lì, ad occupare il campo, possedendolo con ferocia, e l’Arsenal barcolla, si snatura, trema sul destro di Cellejon (17′) ispirato in ripartenza immediata – palla rubata e verticalizzazione – da Higuain. E’ un altro Napoli rispetto all’Udinese, ha equilibri ritrovati grazie all’ubiquita di Mertens. C’è tanto Napoli e s’avverte che qualcosa è cambiato, che l’Arsenal sta per crollare: l’assalto è di Armero, sventagliata su Higuain, sponda su Callejon e palla restituita per far «sedere» Mertesacker, per l’1-0 che illude. Non può finire come vogliono gli astri o chi decide e il Napoli resta nella metà campo dell’Arsenal, sfiora il raddoppio immediato sull’ennesima profondità di Armero che nessuno coglie e quando Callejon fa 2-0 stanno già piangendo tutti, forse anche il san Paolo intero mentre applaude. No, così no.
Fonte: Il Corriere dello Sport
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