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Ilaria Puglia: “Quei fischi ingrati, e incomprensibili della curva A”

Loro erano a Gela, io no. Loro hanno fatto tutte le trasferte del mondo, in stadi di periferia,  impegnandosi anche le mutande per seguire la loro squadra del cuore, io no. Loro sono quelli che  dicono che bisogna sostenere la squadra sempre, che il Napoli deve vincere per onorare una città,  che chi non salta juventino è (anche quando non si gioca contro la Juve), io no. Erano fischi  d’amore? Sarà, ma se l’uomo che amo mi lascia per una che pensa gli dia di più io non mi volto di  schiena come una bambina, ma mi comporto da femmina e cerco di riconquistarlo con tutta la forza  che ho, urlando, puntando i piedi a terra e mettendoci tutta l’anima che posso. Soprattutto, aspetto di  vedere se davvero se ne sta andando o se cercano solo di farmi credere sia così. Insomma, loro avranno anche riempito in diecimila uno stadio che in complesso ne contiene 4000, settore ospiti  compreso, ma stasera si sono dimostrati talmente piccoli da sembrare degli gnomi. L’ottusità di una  parte della nostra tifoseria non mi stupisce per niente, conferma solo la povertà immensa di una  parte della nostra città. La nota positiva è che la Tribuna, stavolta, ha intonato un coro a favore del  Pocho che è stato un urlo di ribellione a chi pretende di dirti anche cosa e quando cantare, e che  hanno urlato anche i non pochani come me. E se, di risposta, ci dicono che siamo un “pubblico di  m…”, dico che preferisco il nostro odore a quello dei loro fumogeni puzzolenti e finti. Sarebbe  bastato aspettare il novantesimo, evitare di farsi harakiri come nei fumetti giapponesi, smettere di  fare le caricature di se stessi, semplicemente crescere. Sarebbe bastato ricordarsi che Hamsik,  l’anno scorso, di questi tempi, era già quotato in rossonero e che per guadagnarsi di nuovo  l’appoggio dei tifosi fu costretto a trasformarsi in saltimbanco e, appunto, saltare di fronte a tutti.  Alla fine Hamsik è rimasto e pure il Pocho probabilmente resterà qua. E allora? A loro cosa resterà?  L’averlo acclamato in maglia numero 10 ed esserselo scordato lungo il cammino. Se questo è  amore, preferisco di gran lunga il calesse, il mio. E Forza Napoli. Sempre. Ps stasera, in Tribuna, è  tornato Luca, il curvarolo, quello che quest’anno se  le è viste quasi tutte in Posillipo. Ha inveito tutto il tempo contro i fischi al Pocho, secondo dopo secondo, ha urlato “chist’ so’ sciem” e li ha  mandati a fanc… ripetutamente. Poi ha capito che i fischi provenivano dalla curva A e non solo da  una parte dei Distinti, come credeva lui. Glie l’ha fatto notare un ompagno curvarolo. Ma Luca no, non è riuscito ad ammetterlo. Aveva la morte nel cuore e la tristezza negli occhi ma ha continuato a  dire che non era così. Quando gli abbiamo detto di stare zitto e fermarsi solo ad ascoltare ha continuato a ripetere che no, non era possibile. E allora ho capito: Luca si sarebbe venduto pure la  mamma pur di non rinnegare la curva. Di fronte a tutto questo, o alzi le mani o le meni, non c’è  altro da fare. Gli ho offerto una sigaretta, mi ha fatto tenerezza.

Fonte: Il Napolista.it

La Redazione

M.V.

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