Pasquale Coppola, classe ’75, professione pizzaiolo. Vive in via Tagliavino, a Campegine, Reggio Emilia, dal 1992, quando si è trasferito in cerca di lavoro, esportando l’arte della pizza. Il Napoli per lui non è tutto. «C’è il restante 1% che contiene un sacco di cose», dice. Racconta che il giorno del suo matrimonio il prete, dall’altare, gli chiese se fosse felice per la vittoria del Napoli 2-0 contro il Genoa del giorno prima, con doppietta di Stellone. E lui rispose di sì, che si sposava felice. Salvo poi scoprire di avere suocero juventino, cognata milanista e cognato romanista. I chilometri che lo separano da Napoli sono «il cordone ombelicale che mi lega alla mia terra, a cui appartengo come a una mamma, anche grazie alla squadra». Il rito pre-partita? Fare due telefonate entro le 12,30, una al cugino Antonio, l’altra all’amico Peppe: «Ci raccontiamo le nostre sensazioni». È al lavoro, in pizzeria: in sala c’è uno juventino che “gufa”. Al gol di Callejon gli urla in faccia, a quello di Mertens gli chiede di battere il cinque e quello rifiuta. All’espulsione di Cuadrado, per l’adrenalina, gli brucia la pizza. «Fa niente, gliela rifaccio – dice – con tanto amore!».
Fonte: Il Mattino
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