“Arriviamo allo stadio che manca un’ora e mezzo. Ci manca troppo quest’aria per aspettare ancora. Tribuna Posillipo, settore B, fila 16, posti 30 e 31, mio marito e io. Le solite facce, le solite ansie, i soliti riti. Arrivano i compagni di abbonamento. Fabio addenta il panino prima ancora di sedersi: porta bene così. Ecco Benny, accanto a me, a sinistra, che memore di com’è finita l’anno scorso, quando mi foraggiava ad ogni partita di un pocket coffee, ne ha portato un pacchetto pieno. Ingoio un cioccolatino, l’adrenalina scorre. Entrano i nostri, non li vediamo da un’eternità. Il pubblico non è quello delle grandi occasioni, mi infastidisce il fatto che tutti pensino alla Champions. Giochiamo male, come se l’arbitro non avesse mai fischiato. E giocano male pure loro, che vestono di bianco anonimo. Se non fossi tutta azzurra, mi addormenterei. Eppure c’è qualcosa di strano, nell’aria, troppo silenzio. Nel recupero Cavani finalmente corre coi capelli all’aria. Pensano al Manchester pure loro e così non va. Mazzarri, levati la giacca e digli qualcosa e poi ci pensiamo a martedì. Si riprende: tre tiri in cinque minuti. Un gol, ma forse è fuorigioco. Però è un crescendo. Entra El Mota Gargano, poi Pandev: Mazzarri si toglie la giacca, ma niente, non funziona. Certe serate naufragano con l’amaro in bocca”.
La Redazione
P.S.
Fonte: Il Mattino
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