Ilaria Puglia dalla tribuna:
“Ciao, come stai? Hai fatto buone vacanze? Buon anno! Spostati, che quello è il mio posto, perché l’ultima volta ha portato bene. A volte, quando si viene allo stadio, sembra quasi di entrare nel salotto di un amico, tutti riuniti nella stessa stanza per guardare la partita, manco fossimo davanti ad uno schermo piatto sessanta pollici. Commenti gli avvenimenti calcistici del weekend, il derby milanese, la campagna acquisti invernale, ti stravacchi in attesa che si riempiano i posti accanto a te. Solo che non c’è il tepore di casa, ma fa freddo. È un gelo di quelli intensi, stavolta. Un freddo di quelli che ti prendono al cervello, ti entrano nel cappello nonostante ci hai calzato su il cappuccio, ti penetrano nel collo nonostante il collare di felpa sotto la sciarpa del Napoli rosa. Un freddo che ti intorpidisce i piedi, nonostante le calze pesanti. E tu non senti più le dita, sotto i guanti di lana. Come se le unghie stessero per staccarsi dalla pelle mentre toccano la stoffa nuda e le labbra si increspano sotto il vento sferzante. I capelli si ribellano al blocco del cappello e ti scivolano sul naso, ti gratti e un pelo dei guanti ti entra nell’occhio e ti appanna la vista. Ti fanno male le orecchie e senti tutto ovattato. Accanto a te non c’è la solita calca e tu preghi che qualche ritardatario ti si attacchi addosso solo per sentire un po’ più di caldo attorno a te. Ma nulla, non senti neppure un brivido caldo, solo il freddo e il gelo, il vento, mentre il cielo è nero, senza una stella, ma limpido e terso come solo nelle fredde notti di gennaio. Eppure, neanche per un istante, uno, rimpiangi il divano di casa. Fai parte di un tutto, sei un rito collettivo. Anche se il freddo ti arriva pure dal campo”.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
