La sensazione è quella di una convalescenza. O come quando si torna a respirare dopo l’apnea. Lo stadio mi sembra esattamente così. Guardo le bandiere sventolare nel silenzio e penso a Maggio e al profumo delle rose che tra qualche giorno sarà nell’aria. Mi incanto di fronte al minuto di assordante silenzio in memoria di Morosini, un minuto di poesia. L’infortunio dell’arbitro dopo pochi minuti di gioco rende tutto surreale. La tribuna è silenziosa, come se si assistesse a uno spettacolo teatrale, come se ognuno pensasse «è vero, dobbiamo sostenerli, ma chi sostiene noi?». All’improvviso, il tiro di Hamsik verso la porta. Ci ha messo una rabbia, in quel tiro, che sembrava fosse un urlo disperato di riscossa. E in fondo è da lì che è cambiata la partita e che hanno iniziato a giocare di nuovo. La risalita è lenta, questo è indubbio, ma è per questo che ho sentito questa partita come una convalescenza. Sul gol di Cavani hanno esultato in pochi, dalle mie parti, meglio su quello di Cannavaro. Il vero boato c’è stato quando è entrato in campo Vargas, dopo venti minuti di riscaldamento. Un applauso bellissimo a scaldare un giocatore che più che essere bruciato sogniamo tutti che bruci qualcosa lui, che ci trasmetta l’ardore e lo trasmetta a loro. Insomma, è stata una partita strana, questa, per come l’ho sentita io, quasi un passaggio. Si può ripartire da qui.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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