Boscoreale. Via Bellini. Il golfo di Castellammare riempie la cornice del balcone della cucina. Il Vesuvio entra in casa dalla camera da letto. Raffaele Trito, di professione precario, guarda la partita a casa dei genitori Gianni e Anna. Con lui, la moglie Daniela, anestesista, tifosa sfegatata dell’Avellino che guarda il Napoli «per simpatia», le sorelle Ida e Sonia, il cognato Giona Cirillo, guardia giurata per bisogno e produttore di vino per passione, e i piccoli Giulia, Greta e Davide. Per Raffaele, il Napoli rappresenta la possibilità che nella vita tutto possa accadere, la voglia di non arrendersi, «il Don Chisciotte del Sud». La partita comincia e i Trito non smettono di mangiare. Giona inizia ad urlare dopo un secondo e non smette fino al 90’. Nell’intervallo versa vino: il cibo, da solo, non basta più. Poi la ripresa, la mischia, il furibondo gol di Cavani. Casa Trito esplode come un vulcano, ma il pareggio non arriva. Daniela dimentica di essere tifosa dell’Avellino ed esclama: «Ma addò vulimme i’?». Raffaele lo interpreta come attaccamento alla maglia azzurra. Ci si aggrappa a tutto in serate così. Prima o poi anche lei farà l’abbonamento. L’abbraccia. Va bene così.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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