Il trio è talmente nuovo nella sua composizione che risulta impossibile chiuderlo nei facili confini di un acronimo, come toccò a Maradona-Giordano-Careca. Eppure già suggerisce un’attrazione MA-GI-CA. Due partite di campionato sono pochissimo per azzardare paragoni, la suggestione che la ditta appena formata offre è giustificata da un rapido addio. In meno di due mesi è sparito un termine di paragone che avrebbe potuto condizionare la stagione: nessuno parla più di Lavezzi, e trenta milioni di buone ragioni oggi giustificano la cessione allo sceicco di Parigi. Cavani e Hamsik non vivranno di rimpianti, hanno mostrato una indipendenza tattica sulla quale solo Mazzarri avrebbe scommesso. Sovvertendo tutte le scontate previsioni estive: Napoli è capace anche di vivere senza essere arroccata nel passato, sostituendo alle malinconiche melodie i ritmi frenetici dettati da un tiro improvviso di Hamsik o dal rullo di tamburi per una giocata di Insigne. È la nuova musica ispirata forse dalla indecorosa sabbia del San Paolo, provvisoria mortificazione per un gioco che avrebbe bisogno di essere declinato su un tavolo da biliardo.
Dall’alto della sua collina, Mazzarri sente la città diventata la sua città ribollire di entusiasmo anche ora che il caldo torrido è sparito, lasciando in eredità solo il deserto di Fuorigrotta. Lo descrivevano fossilizzato nelle sue idee immutabili, ha allestito più versioni di una formazione che non ha ancora stupito abbastanza. Ha evitato di esporre Insigne in vetrina come l’ultima attrazione nazionale, e ora si gode la scelta di Prandelli come una nuova ricchezza da amministrare. Ha rinunciato a lamentare l’assenza di Pandev e ha proposto alternative che torneranno utili in una stagione da giocare spesso di notte. Le prove generali contro Palermo e Fiorentina sono andate benissimo, la prima sosta consentirà di registrare meglio il meccanismo tutto nuovo.
Intorno, nessuno parla più delle imprese con le squadre inglesi in Champions, ma tutti sanno tutto del Dniepro futuro avversario in Europa League; si parla meno perfino di Maradona; solo quella parola continua a non essere pronunciata, segno di continuità con un passato che dodici mesi fa regalava le stesse illusioni. Allora non c’era Zeman con le sue teorie del calcio gol e incoscienza, quest’anno il tifo della simpatia andrà diviso con la Roma. Vedi Napoli e poi t’innamori: pure l’ultimo luogo comune è stato scardinato, grande merito di una squadra che non è più una sorpresa, ma una certezza. Il resto può farlo la crisi, che ha livellato i valori come mai era accaduto negli ultimi decenni: un campionato più italiano dove il Grande Esodo ha consentito di scoprire campioni che altrimenti sarebbero finiti sotto la polvere del tempo. Avremmo mai rivisto Pazzini in un grande club, oppure Insigne con il doppio azzurro? Probabilmente no, come tanti italiani sarebbero precipitati nelle invivibili realtà del sottobosco. Solo per questo, benvenuta sia questa crisi, a patto che concluda prestissimo il suo passaggio su tutta l’economia. Anche per questo sarà meglio evitare di finire tutti insabbiati.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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