E se tre indizi cominciassero a rappresentare una prova? Da Palermo alla Fiorentina e poi al Parma: nove punti, otto reti segnate (due subite), una manifestazione di superiorità tattica e tecnica, una padronanza degli schemi, una varietà d’interpreti capaci di stupire, un Pandev da favola, un Hamsik leggiadro, un Cavani cinico (e persino generoso) e ora pure quel “magnifico” Insigne: ma vuoi vedere che una delle anti-Juve è in quella schiera di principi azzurri dinnanzi ai quali il Parma s’inchina (senza genuflettersi)?
UN LAMPO – Ai posteri l’ardua sentenza, ma il presente è un’indicazione che alimenta suggestioni in quel san Paolo che – manco il tempo di cominciare – sospetta che sia già finita, perché al secondo minuto è già Napoli 1 e Parma 0, è già una scarica d’emozione. Succede tutto troppo in fretta ma nel prologo c’è il tema d’una giornata entusiasmante, racchiusa dalla “veronica” di Hamsik, dal taglio per Pandev – steso da Mirante – e dalla freddezza di Cavani che dal dischetto sistema in discesa il match. E’ un festival di occasioni ch’è favorito dal blitz della “triade” partenopea, capace di schiodare in un battito di ciglia i paletti tattici e di lasciare che diventi scontro a campo aperto, la trappola letale nella quale il Parma si lascia inghiottire. A Mazzarri non sembra vero: e invece il suo Napoli ha spazi in cui lanciare gioiosamente Pandev e Cavani che (6′) per poco non l’archiviano subito: a Donadoni, sembra quasi surreale: e però non c’è altro da fare che osare, che rischiare, che sperare in Belfodil (7′) o nella sfrontatezza di Gobbi (22′), murati da De Sanctis.
PALLEGGIO CHIC – Il conforto di quell’overture concede al Napoli di giocare come (meglio) sa, di scatenare quei tre indiavolati, persino di imprecare per aver sciupato tanto, troppo con Hamsik e Pandev smarritisi dinnanzi allo specchio (10′) o con il macedone (25′) in ritardo d’una frazione di secondo sul traversone di Maggio. I segnali sono però netti, inequivocabili, ribadiscono la felicità nel palleggio d’una squadra che ormai conosce a memoria il codice-Mazzarri e concede al Parma la dignità conquistata attraverso un atteggiamento mai remissivo. Però il gap è visibile ad occhio nudo e (38′) la forbice s’allarga: la ripartenza scorre via alla velocità del suono sull’asse Cavani-Hamsik-Pandev, sistemato dallo slovacco dinnanzi alla porta incustodita per un tap in ch’esalta i ribaltamenti ad un tocco e via. Però non può “morir” così e la sorte sembra essere d’accordo, spargendo un pizzico di pathos in un finale di primo tempo arricchito da episodi avvincenti: l’eco del palo (42′) sulla punizione a girare di Dzemaili risuona ancora a Fuorigrotta e qualcuno ha persino le mani nei capelli per la disperazione, quando il più anonimo dei traversoni (di Ninis) incrocia la nuca Parolo che trasforma quel cross in parabola velenosa ed imprendibile.
LA CERALACCA – Il copione è scritto nelle pieghe del 2-1 e la ripresa sembra la fotocopia d’un primo tempo con macchie gialloblù sparse qua e là, attraverso la caparbietà d’una squadra che tenta disperatamente di resistere, pur avendo consapevolezza delle difficoltà di arginare le folate partenopee. Da Hamsik a Pandev e a Cavani (e chi se non loro?): pare 3-1 ma c’è Mirante (7′) che ci mette il piede. E allora: percussione di Inler (8′), alta. E poi, avanti tutti (25′), però stavolta cominciando da Zuniga, transitando per Hamsik e chiudendo con un destro pavido di Cavani. Ma pomeriggi del genere richiedono il fiocco azzurro e Lorenzino Insigne lo sa bene: entra, si prende la standing ovation (a prescindere) e un assist di Pandev che solo i top player sanno come inventare e che solo i “talenti” in erba riescono a cogliere e a capitalizzare. Ci sarebbe poi persino un “cucchiaino” del magnifico, è glassa che cola…
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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