Il Tribunale del Riesame,decima sezione, ha alleggerito le misure cautelari nei confronti di molti degli ultrà arrestati lo scorso 16 febbraio nell’ambito dell’inchiesta sultifo violento e su scontri e aggressioni contro altre tifoserie e forze dell’ordine avvenutia margine di incontri di campionato e di Europa league. I giudici hanno ritenuto che le esigenze cautelari potessero essere soddisfatte anche con misure alternative all’arresto.E quindi quattro degl iindagati sono stati scarcerati, anche tenuto conto del fatto che non avevano precedenti penali (hanno lasciato gli arresti domiciliari sottoposti ora al solo obbligo di firma) e due hanno ottenuto la detenzionedomiciliare. Resta incarcere, invece, Francesco Fucci, ritenuto il capo del gruppo ultrà chiamato «Bronx1999» e in casa del quale– come emerge dalla ricostruzione investigativa – si tenevano le riunioni per pianificare le azioni da adottare in curva e in strada. Al centro dell’inchiesta, tuttora in corso, sono finiti per il momento gli atti di violenza avvenuti a margine di Napoli-Atalanta del 9 maggio 2010 (13 poliziotti feriti), di Udinese-Napoli del 7 febbraio 2010, e quelli avvenuti a Bucarest (Romania) il 30 settembre 2010 in occasione dell’incontro di Europa League Steaua-Napoli, e ancora a Napoli il21 ottobre 2010 quando gli azzurri sfidaronoi l Liverpool( bilancio:sette turisti inglesi e cinque agenti della polizia aggrediti). Gli indagati sono accusati,a diverso titolo,di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di un’indeterminata serie di delitti in occasione di manifestazioni calcistiche nazionali ed estere. Le indagini, svolte dalla Digos e coordinate dai pm Antonello Ardituro, Danilo De Simone e VincenzoRanieridelpoolguidato dall’aggiunto Giovanni Melillo, sono durate due anni, supportate anche da intercettazioni ambientali e telefoniche.Si è scoperto così che il gruppo ultrà aveva regole ferree,una precisa strategia militare con tanto di servizio di sentinelle e appostamenti in luoghi strategici, comestazioni,aeroportiesvincolistradali, per programmare e attuare i raid, e un sistema di autofinanziamento per assicurare assistenza legale a chi fosse incorso in procedimenti penali legatia fatti«da stadio».Gli appartenenti al gruppo si identificavano e si riconoscevano con un tatuaggio molto vistoso, spesso anche con la scritta «Bronx» incisa sulla pelle. La pena per chi contravveniva alle leggi del branco era l’esclusione dal gruppo e l’obbligo di abbandonare il posto incurva e cancellare il tatuaggio. Dalle indagini è emerso, inoltre, che alcuni degli ultrà avrebbero tentato di condizionare le scelte della società calcistica in occasione di rinnovo di contratti o di contrastarle come quando fu introdotta la «tessera del tifoso». Agivano sempre armati, con spranghe, catene, coltelli, e animati più dal culto per la violenza che dal tifo da stadio. Dei «Bronx» fanno parte una cinquantina di ultrà. In tutto a Napoli se ne contano circa settemila, divisi fra i quattordici gruppi d itifoserie organizzate. Le indagini proseguono e sono orientate anche su altre frange del tifo violento. Si indaga sui possibili legami di queste con la camorra. «Non tutti gli ultrà sono camorristi ma è vero che ci sono camorristi che sono ultrà»,hanno spiegato gli inquirenti.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
C.T.
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