VOLTI- Benitez, rispetto a Oporto, seleziona quattro volti nuovi: Fernandez fa scudo in difesa, Inler e Jorginho s’allineano in mediana, Mertens completa il tridente alle spalle del Pipita, unica punta. Sfuma il turn-over per Hamsik: il preallertato Dzemaili rimane in panchina. Stupisce assai di più Ventura, rinunciando ai nazionali Cerci e Immobile: le controfigure sono Meggiorini e Barreto, meno dinamici e pungenti benché generosi. La regìa è affidata a Tachtsidis, che debutta dal primo minuto, mentre l’ex El Kaddouri scalza Basha e Farnerud.
SPECCHIO- I ritmi elevati e l’organizzazione granata oscurano a lungo la qualità del Napoli, complice anche la stanchezza che le rotazioni non bastano a occultare. Le trame diventano così prevedibili, i pochi spunti s’infrangono ai bordi dell’area, Higuain e Callejon mancano lo specchio e Padelli non deve sporcarsi i guantoni. Il conto offensivo del Napoli, nel primo tempo, è tutto qui, a meno che nel grigiore non si voglia dedicare un appunto pure alla botta fuori misura di Inler: maggiore il lavoro dei difensori, accerchiati da Maksimovic e martellati da El Kaddouri, se la cavano soffrendo oltre il lecito ma lasciano al Toro il primato delle occasioni. Reina, nella circostanza non impeccabile, s’oppone a Meggiorini, poi s’invola Bovo che scaglia un tiro violento, il portiere spagnolo è impotente ma il palo dice no.
SOGNO- Non gira, il Napoli: sconta un affaticamento diffuso e la cattiva forma di alcuni campioni in particolare: Hamsik sembra inchiodato, Albiol incerto, Mertens svagato. Se aggiugiamo che Higuain si ritrova nel deserto e che Jorginho non valica l’ordinario, si comprende il perché di inattese difficoltà contro un Toro apprezzato ma negli ultimi tempi sgonfio, risucchiato a centro classifica dopo aver accarezzato il sogno dell’Europa. Gli azzurri sono illuminati da fiammate improvvise – Higuain manca d’un soffio un centro di Hamsik, poi impegna Padelli -, i granata sospinti da accelerazioni orgogliose: Meggiorini becca il palo, Reina vola a deviare il pallone velenoso di Darmian.
CURVA- Il primo cambio è granata: fuori Barreto, poco incisivo, e dentro Immobile. Replica azzurra: Behrami per Inler. Cambi che dovrebbero spruzzare vivacità, però modificano appena gli assetti, il Toro cresce pur non guadagnando il possesso e scopre in avanti un riferimento più sicuro, il Napoli guadagna in solidità ma continua a scarabocchiare il gioco: non è un caso che il pericolo maggiore scaturisca da un piazzato di Higuain. A metà ripresa, Ventura completa la staffetta offensiva: richiama Meggiorini e manda in mischia Cerci, ricompone la coppia rivelazione della A. Subito attiva, con Immobile che semina scompiglio sulla fascia e viene murato solo quando, arrivato in fondo, centra per il gemello che lo segue. Un minuto dopo, però, proprio Immobile sciupa l’occasionissima: Kurtic s’impadronisce del pallone sfuggito maldestramente a Behrami, serve l’attaccante liberissimo che però spedisce in curva.
FALLO- Entra Henrique: freschezza in difesa. Dall’altra parte Basha: grinta a metà campo. Largo a Insigne: energia in attacco. Cambi ipocalorici, che poco aggiungono alla trama: la movimenta semmai Mertens con una legnata respinta da Padelli. Tenta ancora Insigne, due volte, e adesso il Napoli spinge: non è troppo tardi, specie se hai i fuoriclasse, e infatti al tramonto sboccia il gol, confezionato da Hamsik con un gran lancio da metà campo e siglato da Higuain che raggiunge Pepito Rossi tra i bomber: proteste granata per un fallo su Glik, l’argentino nega ma le moviole svelano il contatto, il Napoli ha il merito di crederci fino in fondo ma anche una buona dose di fortuna, Ventura non riesce a capacitarsi di questa ingiustizia, quarta sconfitta di fila.
TORINO – Dicevano certi vecchi maestri del pallone, poco convinti da sovrapposizioni e diagonali, d’essere pronti a barattare la tattica migliore con undici uomini bravi ad accarezzare il pallone. C’era un filo di verità, al di là dell’oltranzismo, perché quando capita, come stavolta al Napoli, d’inciampare in una serata infelice, di soffrire oltremisura un Toro brillante seppur qualitativamente inferiore, sono i campioni a scacciare le streghe, allungare sorrisi e speranze. Avrebbe pesato tanto, nella corsa al secondo posto, il pareggio che ormai sembrava scritto, trasformato in successo da un lancio laser di Hamsik e dalla rapacità, dalla freddezza di Higuain, caratteristiche innegabili al di là del tocco galeotto su Glik. La forza dei fuoriclasse, esaltata dall’organizzazione ma sempre preziosa, provvidenziale quando i meccanismi s’inceppano o i compagni attorno nuotano nel grigiore.
RIPARTENZE –
Ma cosa non va, nel Napoli, contro questo Toro sorprendente, in caduta libera dopo aver accarezzato il sogno europeo – poco più di un mese fa era a un punto dall’Inter – e tornato grande nella circostanza? Intanto la stanchezza, che il turn over non basta a cancellare, evidente per altro proprio in Hamsik che tuttavia sa abbandonare l’oblio al momento giusto. E poi la prevedibilità della manovra, allentata da ritmi inferiori a quelli granata: in realtà le due cose sono legate, perché le gambe pesanti certo non aiutano ad adattarsi contro una squadra più fresca, precisa nei sincronismi difensivi e nel rilancio, pronta a chiudere i fronti a far scattare le ripartenze. Difesa a cinque, l’interpreta Benitez, in realtà è difesa a tre che s’allunga all’occorrenza, con gli esterni lesti nel ripiego e perfino disposti a sacrificare l’incursione.
DUBBIO -Rimane il dubbio su come sarebbe andata con Cerci e Immobile in campo dall’inizio e invece relegati in panca: una sopresa, probabilmente, anche per Cesare Prandelli in tribuna: considerato anche l’ingresso tardivo di Insigne, il Ct ha potuto concentrasi su Darmian, concentrato su Callejon. Le occasioni, il Toro, le ha avute. E il Napoli è stato fortunato. Anche attento, però, e cinico e caparbio come solo le grandi sanno essere. Non è un caso che a fine partita, pur arrabbiato, Ventura riservi complimenti. Li merita anche lui, però non becca un punto. Benitez ne incarta invece tre e resta nella scia giallorossa.
Fonte: Corriere dello Sport