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Il tariffario Figc: insulti razzisti a prezzo di saldo

Il sensazionale tariffario del giudice sportivo della serie A va letto con ammirata attenzione. a) Striscione offensivo contro un importante dirigente del calcio europeo: 10 mila euro di multa; b) Cori a sfondo razzista all’indirizzo di un giocatore di colore della squadra avversaria, con aggravante di uso di raggi laser e lancio di accendini in campo: 30 mila euro; c) Cori a sfondo razzista all’indirizzo di un giocatore di colore, non avversario e neppure in campo: euro 4.000.

E’ un menu magnifico, perché fotografa lo stato miserabile della giustizia sportiva italiana, ben chiarito già dalla atroce gestione dello scandalo scommesse. Un caos che si è propagato come un virus ovunque, perfino sul tavolo dell’onesto e bravo Giampaolo Tosel, l’uomo che delibera sui fatti brutti del week end calcistico. Secondo le sue decisioni, dunque, insultare Platini (come hanno fatto i tifosi laziali) è due volte e mezzo più grave che augurarsi la morte di Balotelli saltellando e ribadendo la non esistenza di negri italiani, come fatto dai tifosi juventini; augurarsi invece la contemporanea eruzione di Etna e Vesuvio per lavare col fuoco siciliani e napoletani, non costa proprio nulla: nelle decisioni di Tosel su Juventus-Catania non ce n’è infatti traccia, evidentemente l’addetto all’ascolto era distratto, oppure non ha sentito bene, oppure si è dimenticato di scriverlo nel referto. Può capitare, no? D’altra parte, lo Juventus Stadium, il più bello, moderno e produttivo impianto italiano, è sotto diffida per il comportamento non proprio bello, né moderno e tantomeno produttivo di parte dei suoi tifosi: sempre gli stessi, sempre più impuniti. Se l’addetto all’ascolto avesse ascoltato, quindi, lo Juventus Stadium sarebbe stato squalificato per la gara interna col Pescara: non proprio una tragedia sul piano sportivo, ma vuoi mettere il danno d’immagine?

Ecco, il danno d’immagine. Ventiquattro sanzioni per razzismo in un campionato evidentemente non bastano ancora a far capire (non a Tosel, ma a chi guida la baracca del pallone) che far finta di niente, voltarsi dall’altra parte, dare buffetti sulle guance e pacche sulle spalle non è forse il modo migliore per difendere l’immagine del calcio italiano. Perché poi ogni tanto capita anche di giocare fuori dall’Italia, capita che qualcuno perda la pazienza, capita che arrivi una sanzione certamente abnorme ma altrettanto certamente esemplare come quella inflitta dalla Uefa alla Lazio, malgrado gli sforzi del suo incolpevole presidente Lotito. Due giornate a porte chiuse in Europa per qualche braccio troppo teso. 4000 euro di multa per i peggiori tra i cori possibili. La differenza è tutta in questi pesi e in queste misure. La differenza tra chi vuole farla finita col razzismo da stadio e chi non vuole fare niente, ma andare avanti così, tranquillamente, verso il prossimo iceberg.

Fonte: La Repubblica

La Redazione

M.V.

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