Chi ama non dimentica: e poi ci sono storie che non finiscono mai. «E neanche io dimentico: allenare il Napoli è un bellissimo sogno ed il tempo poi risponderà. Mi manca la città, mi mancano i tifosi, mi manca l’energia e l’amore della gente a cui ho dato tanto, mi manca il sole». Gli manca Napoli, la «sua» Napoli, quella che Diego Armando Maradona s’è «tatuata» ovunque, quella che domina la confessione resa al settimanale «l’Espresso», impregnata dei profumi, degli orizzonti, dei ricordi e anche di un pizzico di malinconia. «Nel mio cuore c’è soltanto l’azzurro di Napoli. La panchina di altre big, della Juventus, del Milan o dell’Inter? Io amo Napoli e i tifosi del Napoli sono una forza della natura».
VENT’ANNI – Vent’anni (circa) senza più il calcio di un artista inimitabile; e, per Maradona, vent’anni (circa) senza poter vivere quotidianamente Napoli e quel calcio italiano che ancora gli appartiene: «Quando c’ero io – dice riferendosi allo scandalo scommesse – si giocava con i piedi e con la testa, si rideva, si esultava e si piangeva. Ora troppi giocano con le carte o con il danaro e inquinano lo sport. Io scendevo in campo per la gioia di vincere e di far festa con i tifosi. Poi il pallone è tondo, puoi anche perdere, ma non devi mai sfiorarlo con i soldi… Se qualcuno mi ha mai chiesto di perdere una partita? Mai. Altrimenti lo avrei preso a calci». Il passato è un archivio gigantesco: «Con Messi ho in comune la M, però adesso è diverso. Io giocavo solo contro tutti ed ho fatto vincere un mondiale all’Argentina. Pelè? A Napoli una delle canzoni più cantate era: Maradona è meglie e Pelè. Il mio gol più bello fu il secondo all’Inghilterra, ma pure quelli alla Juve: piacevano tanto ai napoletani. A proposito: non ho mai segnato con la mano, quella fu la mano di Dio. E vinse il migliore, con l’altra rete fantastica». In nome di Diego…
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
