Dov’è rimasto? Lo special one dell’ultimo biennio, quel matador che uno ne fa e almeno un altro ne insegue, s’è preso una piccola pausa di riflessione: e in quella normalità riacquisita per una domenica, c’è l’eccezionalità, si racchiude un evento.
Si scrive Cavani si legge goleador: sessantanove volte a Napoli e trentasette a Palermo, il re dei bomber uruguayani sul suolo italico, un ciclone che s’abbatte con continuità e con frequenza sistematica sulle difese altrui: i numeri non mentono (quasi) mai e nelle statistiche c’è la verità, tutta la verità e indiscutibilmente la verità su un talento magnificamente espresso in casa e fuori, con le grandi e con le piccine, di destro o di sinistro o anche di testa.
TENDENZA EDINSON – Cento presenze tutte d’un fiato, in appena due stagioni e qualche spicciolo: però dentro questo spazio assai limitato di tempo, in questa versione da principe azzurro, c’è una media da far impallidire e uno 0,69 a partite che sta già ben al di là di Diego Armando Maradona, Sua Maestà il calcio, il dio irraggiungibile tecnicamente e però sistemato nel mirino, statisticamente, con una pubblica confessione: «Certo che mi piacerebbe battere il suo primato, sarebbe un record da poter raccontare un giorno ai miei figli per dimostrare di cosa sarebbe stato capace il loro papà. E poi questa città non dimentica e io qui voglio lasciare il segno».
PARTENZA LAMPO – Da Cavani (con l’Elfsborg, estate del 2012) a Cavani (Catania, 23 settembre 2012) c’è un campionario di prodezze, ci sono undici doppiette e cinque triplette, c’è l’empatia con una città nella quale ha scelto di restarci (almeno) sino al 2017, con quel contratto consegnato di recente a De Laurentiis con una promessa solenne resa dinnanzi alle telecamere: «Restare qua è stata una scelta di vita e poi io qua voglio vincere».
E in quest’album gigantesco d’un bomber per tutte le stagioni, c’è una partenza lampo registrata pure quest’anno, al di là delle apparenze clamorose del Massimino: quattro gare e due gol, uno alla Juventus nella finale di Supercoppa e una al Parma, alla seconda di campionato.
IL PRECEDENTE – Sessantanove volte Cavani, tre delle quali, tutte in una volta, nell’aprile del duemilaundici, trentunesima giornata di serie A, l’anticipo di un mezzodì reso di fuoco dal matador che si abbatte sulla Lazio e trasforma un salmo in gloria, rivoltando la partita a modo suo, con freddezza e con abilità: segna Mauri, poi Dias; ma quando Dossena avvia la rimonta, l’uruguayano la completa: il 2-2 è uno squillo che precede l’autorete di Aronica ma anche il suo uno-due a seguire per un 4-3 che vale la qualificazione in Champions.
CAOS CALMO – Si farebbe quasi più in fretta a scovare le domeniche a digiuno, rispetto alle grandi abbuffate: però Catania è recente ed ha rappresentato il tormento d’una tre giorni ad interrogarsi sui tanti perché di quella prestazione, sull’involuzione improvvisa del Napoli, sulla (presunta) stanchezza di Cavani, che non va mai in vacanza, perché quando il campionato offre la sosta lui è chiamato a servire la Patria e a correre in Nazionale. Ma la storia chiama e Canè e Vinicio, che sono a quota settanta ed occupano la settima posizione nei bomber di tutti i tempi del Napoli sanno già che stanno per essere scalzati: accadrà, prima o poi. «Perché a me piacerebbe riuscire a battere Maradona». Il cuore in gol.
A.S.