Ma quale crisi. Quale voglia di andare via. Vero che Lorenzo Insigne ha passato un periodo nero, ma lasciare Napoli è stato l’ultimo dei pensieri. Un’eterna disputa sulla posizione in campo, il gol che non arrivava. I tanti errori e soprattutto i fischi dei tifosi. Quella reazione a casa sua, in uno stadio San Paolo poco vicino a un ragazzo che è figlio della città. E qualche mese fa una reazione stizzita a Dimaro, perché una battuta su di lui non gli fece piacere. Per Lorenzo Insigne sembrava andare tutto storto. Un carattere sensibile di un ragazzo buono, ma che spesso non sa esprimere il suo disagio. Talvolta la difesa è un modo di fare che può sembrare poco simpatico, ma non è così. Altro che scugnizzo, Insigne non è un pacioccone che ama fare lo spiritoso in pubblico. Ragazzo timido, gli piace scherzare solo con chi conosce bene, con chi è in confidenza. Situazioni difficili da far conciliare quando tutte le attenzioni sono su di lui. Con Maggio è praticamente l’unico italiano del Napoli, e per lui questo status pesa doppio. È anche l’unico napoletano. Vero che qualche tifoso lo critica: tanti gol sbagliati, spesso la sensazione di non essere spietato sottoporta. Ma il dibattito è aperto, perché i suoi sostenitori (in maggioranza, non c’è dubbio) lo difendono. A differenza dei vari Callejon e Mertens, Insigne è con Hamsik l’unico degli attaccanti che ripiega e difende. Ecco perché Benitez lo sfrutta per dare equilibrio alla squadra, facendogli pagare un conto talvolta salato in zona gol. Difficile arrivare lucidi sotto porta. Ma lui non ha mai detto una parola. Qualcosa di simile accadeva con Mazzarri, e anche all’epoca non si lamentava. Odiava che il toscano lo chiamasse “ragazzino”, ma ha sempre risposto col sorriso. Benitez, almeno, lo chiama “Lorenso” (la “s” è voluta, accento spagnolo) ma paradossalmente lo mette ancora più dietro di quanto faceva Mazzarri. E così un silenzio fatto di lavoro e concentrazione, la stima dei compagni. Quelli che lo hanno abbracciato quando in lacrime ha festeggiato il gol al Torino. Coi tifosi, invece, qualche equivoco c’è stato. A Dimaro quando Lorenzo si rifiutò di salutarli in veste di “scugnizzo” del gruppo. Al San Paolo quando uscì tra i fischi e gesticolando si tolse la maglia quando si sedette in panchina. Situazioni che hanno pesato, ma Insigne ha sempre avuto il conforto di gran parte della tifoseria e della società. Ora che è arrivato il gol tutto è diventato più leggero: Lorenzo aspetta il secondo figlio, e anche la firma sul nuovo contratto. Lo scorso anno prolungò fino al 2018, ma sia lui che De Laurentiis avrebbero voluto firmare un contratto più lungo. I regolamenti non lo consentono (si può siglare al massimo un contratto di cinque anni), ma l’accordo era di rinnovare anno dopo anno, con un ritocco economico che dovrebbe portare Insigne a guadagnare come un “top player”. Difficile individuare la cifra, ma col nuovo prolungamento sarà superiore al 1,1 milioni di euro che guadagna attualmente. La cifra finale, stando a quanto già stabilito, dovrebbe arrivare a 1,5 milioni nel giro di tre anni. Per Insigne la volontà è di rimanere a Napoli a lungo, perché no a vita. De Laurentiis vorrebbe farlo diventare una bandiera della squadra azzurra, e consapevole delle richieste che l’attaccante ha già avuto (Fiorentina e Liverpool) ha deciso di blindarlo e di dargli fiducia. Una fiducia necessaria a fargli guadagnare sicurezze: quelle che lo fanno giocare in scioltezza, saltando gli avversari come birilli e facendogli cercare il gol ad ogni tentativo. La prima rete è arrivata, all’orizzonte altre esultanze e il nuovo contratto.
Fonte: Giovanni Scotto – Il Roma
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