Non c’è gusto, no: perché che senso ha un gol senza qualificazione? Eppure pareva la serata giusta, la serata del Napoli: la serata di Pandev, che non segnava in Europa da tre anni (a Monaco, 15 marzo 2011), che dunque non era mai riuscito a farlo con la maglia del Napoli e che ora, ripensando al tempo trascorso dalla sua ultima esultanza in campionato (7 dicembre, con l’Udinese, e finì 3-3) può solo mordersi le labbra e prendersela con il vento. Non c’è sfizio, no che non ce n’è: eppure pareva risorta la magìa, quaranta metri in tandem, lui e Higuain e Higuain e lui, per fare in fretta l’1-0, per rimettere la sfida con il Porto in parità, per dimostrare che forse il peggio era passato e che Pandev era tornato, perché quello era un gol vero, bello nella sua costruzione e poi con il ricamo finale, assist del pipita e piedino fatato del macedone.
CHE RABBIA – Ora che invece è andata, niente Europa League e l’amarezza che travolge, non c’è neanche senso soffermarsi su quel piccolo capolavoro di contropiede all’italiana che ha illuso: però sono sette reti, le risposte richieste a se stesso, la ferma convinzione che si possa ancora dare qualcosa, forse molto, e mostrare l’altro Pandev: sette reti fino ad ora, questa pareva la più bella, la più significativa, quasi la più importante ed invece s’è rivelata la più inutile. E farsene una ragione diventa complicato adesso: però c’è un finale di campionato da rivalutare, c’è da blindare il terzo posto con la Fiorentina e magari c’è da provare ancora ad inseguire la Roma e tentare di afferrare il secondo posto; e poi c’è la coppa Italia, quella che due anni fa fece scoprire a Pandev l’emozione concessa da Napoli: «Non avevo mai visto feste del genere».
L’UOMO IN PIU’ – Però almeno in questo finale di stagione c’è un Pandev che va ad aggiungersi al Napoli e il gol può essere un toccasana, dopo settimane tormentate, trascorse a tentare di ritrovarsi: tanta panchina, poche chanches, perlatro finite nel cestino; invece il Porto è un sorso d’autostima e ha ribadito che il bomber c’è, che sa essere persino generoso nella fase passiva, andando a coprire su Fernando. Il «nuovo» Pandev s’è tolto un peso da dosso, perché restare all’asciutto in Europa gli dava noia, gli toglieva l’allegria: e fa niente se adesso ci sia un bel niente da festeggiare, se bisogna andare a scovare le energie per rilanciarsi in fretta, immediatamente, perché dopodomani è ancora un altro giorno e c’è la Fiorentina e c’è la Champions che chiama; e poi verrà la sua Roma, per una finale di coppa Italia da vivere possibilmente da protagonista.
MESSAGGIO – Poi ci sono centoquaranta caratteri d’incoraggiamento, valgono per il Napoli e anche per Pandev (ovviamente) e li sparge con un cinguettio Pino Taglialatela, che ne ha viste tante e ne ha giocate altrettante e che quando l’ira sta montando nello spogliatoio, lui che ha vissuto con la testa nel pallone, invia le proprie sensazioni a chi si sta demolendo dentro e magari sta cercando un motivo per sorridere: «Orgoglioso di questo Napoli, meritava la qualificazione: ma il calcio è anche questo, però grazie lo stesso». Non c’è gusto ma c’è un Pandev che si candida per andare a raschiare il fondo del barile e trovarci stavolta un motivo, almeno uno, per sentirsi (finalmente) appagato.
Fonte: Corriere dello Sport
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