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Il ritorno di Maradona, una città in delirio

L’ex capitano azzurro dopo otto anni ha riabbracciato i tifosi del Napoli: battute sulla Juve, poi ha voluto vedere il San Paolo

È un tuffo nel passato. Sono trascorsi quasi otto anni da quell’ultima volta a Napoli. Si commuove Diego, quando arriva al Continental-Royal in via Caracciolo. Sono non meno di trecento ad attenderlo. E a urlare, come si faceva al San Paolo negli anni ’80: «Olè, olè, olè, olè, Diegoo, Diegoooo!». E poi, ancora: «O mamma, mamma, mamma, sai perché mi batte il corazon, ho visto Maradona». Per poi concludere anche con la canzone di Nino D’Angelo, «Quel ragazzo della curva B», il vero inno calcistico del Napoli che vinceva scudetti e coppe europee.
Sotto l’hotel, ci sono tre camionette della polizia, l’ingresso è sbarrato da transenne. Maradona arriva in un’Audi Q5, con il suo avvocato Angelo Pisani e l’amico Stefano Ceci, conosciuto anni fa a Cuba. A fatica, entrano per salire subito in ascensore all’ottavo piano, dove c’è la suite prenotata: la numero 836/838. Non era disponibile la famosa camera 312, che il pibe occupò al suo primo arrivo a Napoli nel 1981. Era la camera che avrebbe voluto, per la sua full immersion nei ricordi.
«Voglio respirare un po’ d’aria di Napoli», dice Diego già al suo arrivo all’aeroporto di Fiumicino a Roma alle 13,11. Veniva da Dubai, lo accolgono già folla e cori. Lui scherza: «La Juve fa male». E, di rimbalzo, i giovani e giovanissimi sotto il Royal che cantano, inneggiano cori, scattano foto e riprendono video con i telefonini, lanciano i loro «Juve merda!». Chissà quanti di questi ragazzi hanno visto giocare Diego al San Paolo. Molti, la maggioranza, forse lo hanno conosciuto attraverso i racconti dei fratelli o dei genitori, ammirandone poi le prodezze nei video.
L’avvocato Pisani avrebbe voluto portare Maradona a Scampia, quartiere dove il legale è presidente della circoscrizione. Ma è impossibile prendere l’uscita della tangenziale a Capodichino. L’auto è accerchiata da motorini, gente che si ferma. Hanno dovuto tirare diritto, scortati dalla polizia, fino a Fuorigrotta. Maradona ha rivisto il suo stadio, quello degli scudetti, degli 80mila in coppa dei Campioni con il Real Madrid. Sussurra: «Mi manca questa città e i napoletani».
È il Royal il teatro di un lungo pomeriggio-sera. La gente urla, chiama. Diego appare per tre volte dal balcone. È in t-shirt nera, tuta dello stesso colore. Ha baffi, visibili i tatuaggi sugli avambracci, ha avuto cura di non portare orecchini. Si mette le mano sul cuore a sentire i canti, si improvvisa direttore d’orchestra agitando le dita, salta. Una volta, si alza anche su una sedia portata sul balcone. La folla, giù, va in delirio.
«Olè, olè, olè, Diegooo, Diegooo!». Tanti chiamano a casa con il telefonino, qualcuno addirittura piange. Ma chi è quest’uomo che a ottobre compirà 53 anni, che magia ha lasciato da far dimenticare che è il giorno delle elezioni del destino italiano? In camera, con gli avvocati Angelo Pisani e Angelo Scala, c’è Stefano Ceci, originario di Napoli e gestore di pizzerie a Catanzaro Lido. Alla spicciolata, salgono Beppe Bruscolotti, Hugo Maradona, il fratello di Diego. Poi, un tuffo davvero nel passato: c’è anche Gianni Aiello, il vecchio autista del Napoli degli scudetti. L’abbraccio con Diego è da lacrime.
Nella camera vicina, va in scena una breve trattativa per portare Maradona in tv. La proposta arriva dal patron di Canale 34, accompagnato dal giornalista Raffaele Auriemma: chiedono un’ora per partecipare al programma in onda alle undici di sera, poi altri trenta minuti per un’intervista rievocativa per Mediaset. La rapida trattativa è gestita da Stefano Ceci, ma le parti sono troppo distanti. A Diego vengono offerti 15mila euro, quando per una sponsorizzazione in India ha guadagnato 500mila dollari. Per meno di 80mila euro non se ne fa nulla. E, attraverso l’amico Stefano Ceci, Maradona dice no alla tv in questa due giorni napoletana.
Lo attendono decine di giornalisti nella hall del Royal. Ci sono telecamere, fotografi. Folla. Lui dice prima sì, poi no a dare qualche anticipazione su quanto dirà il giorno dopo in conferenza stampa. Agli avvocati confida: «Gran parte dei giornalisti li odio». Ma è uno scugnizzo cinquantenne, un eterno ragazzo che decide al momento e ama stare solo tra gente che sente vicina. Ride di gusto, quando si affaccia ad assecondare i cori. Arrivano telefonate, anche attraverso il telefonino degli avvocati. Ma lui si nega. Anche al presidente del Calcio Napoli, Aurelio De Laurentiis. Chiama due volte, Diego fa cenno di no. E commenta: «Non capisce nulla di calcio. Devono spiegargli il risultato».
Un istintivo, che dice quello che pensa. Nell’agenda possibile della giornata, c’erano tante promesse, tante ipotesi. C’era Scampia con le Vele, ma non è stato possibile. C’era un incontro con il sindaco Luigi De Magistris a palazzo San Giacomo. Ma ci sono le elezioni e poi Maradona non intende per nulla muoversi dall’hotel. Dovrebbe spostarsi il sindaco e sembra improbabile.
Niente anticipo di conferenza stampa. I giornalisti vanno via delusi. Diego vuole restare con i suoi amici, guarda con loro in camera la partita del Napoli. Arriva anche l’attore-regista Alessandro Siani, con il suo figlioletto tifosissimo del Napoli. Spiega: «Mi ha chiamato Maradona da Dubai, voleva conoscermi e abbiamo preso appuntamento. All’inizio, credevo ad uno scherzo. Mi ha detto che ha visto delle mie cose e si è divertito».
Nella camera 836/838, continuano a guardare la partita in tv. Resta Alessandro Siani, c’è Bruscolotti, Stefano Ceci, Angelo Pisani, Hugo. Va via solo Gianni Aiello. Si fa un gran tifo. E Maradona è il primo a commentare in maniera colorita, ad agitarsi.
Giù, all’ingresso del Royal, a tarda sera c’è ancora gente. Meno del pomeriggio, ma sono sempre un centinaio di giovanissimi irriducibili. In attesa. Qualcuno commenta: «Uà, che emozione, l’ho visto». La prima giornata di Maradona a Napoli, a quasi otto anni dalla partecipazione alla partita d’addio di Ciro Ferrara, ha i colori di una camera al Royal. Impossibile altro, troppo entusiasmo. Solo sul tardi, spunta un’ipotesi: giro notturno in auto e cena al ristorante posillipino di Bruscolotti. Sempre che per strada non ci sia troppa gente.

Fonte: Il Mattino

La Redazione

M.V.

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