CASTELVOLTURNO – Dov’eravamo rimasti? Il tempo è un galantuomo che lenisce ogni ferita e l’ultimo frammento d’una felicità appena conquistata è in quel pomeriggio in chiaroscuro, nella penombra di Marassi, l’inizio d’un tormento e la fine (momentanea) dell’estasi, un «pizzicotto» al muscolo e l’umore che vacilla: ahi, che dolor…! Ciao ciao Napoli e arrivederci a presto, in quell’Olimpico che (nel suo piccolo) sa ancora d’Higuain, l’eroe per una notte del 14 agosto, l’assolo da fuoriclasse per segnare in Italia-Argentina e mostrarsi per intero alla sua Napoli che ancora non aveva percezione di ciò. Già, eravamo al «Ferraris», 28 settembre appena eppure sembra una vita fa: l’Arsenal è scivolato via silenziosamente e il fragore del 4-0 sul Livorno è servito per sopraffare la malinconia d’una assenza divenuta immediatamente preoccupante.
RIECCOLO – Venti giorni senza el pipita, tra pause forzate, terapie annunciate e una sosta largamente prevista dal calendario: al netto, fanno «appena» due partite, la sintesi d’uno stop fisiologico suggerito dal buon senso attraverso il quale sfidare quell’affaticamento ed evitare il pericoloso rischio di conseguenze ulteriormente dannose. Ma Roma-Napoli è altro, è una pagina di storia calcistica contemporanea da andare a leggere dal vivo, un capitolo d’una stagione nel quale vanno colte le espressioni e le sensazioni: e mentre si scalda il motore d’un pullman, lo sfizio Capitale è nel cominciare a mulinare le gambe, preparandosi a provare quei novanta minuti da attraversare senza paura, sondando il proprio corpo e quindi quei «maledetti» flessori, osando laddove lo fanno le «aquile» o gli «avvoltoi» dell’area di rigore.
CALMA, L’OLIMPICO – Si (ri)parte e stavolta in maniera pirotecnica dal «testa a testa» tra le due «stelle» che hanno brillato ed abbagliato: si (ri)comincia da Roma-Napoli, gli attacchi più prolifici, le difese più ermetiche e quel gioiello strappato da De Laurentiis al Real Madrid e divenuto il colpo più costoso d’un calcio italiano nel quale è approdato per vincere non certo per far la comparsa: «Siamo competitivi per lo scudetto e sogniamo di vincerlo. Sono qua e non voglio far certo pentire il presidente e Benitez per aver scommesso su di me». La voglia matta è racchiusa nella tabella di avvicinamento ossequiata con assoluta dedizione, in quelle due settimane scandite dall’ansia di non farcela, dal timore di «perdersi» e infine dalla consapevolezza espressa con un sorriso d’essere (quasi) alla meta: l’Olimpico è là, in fondo a quel mini-tunnel da lasciarsi alle spalle al termine d’un provino mattutino utile per concedersi ulteriori certezze, per liberarsi definitivamente da qualsiasi impedimento psicologico, per smaltire i residui e umanissimi timori spifferati da una inattività inconsueta e prolungata.
IL POKER – Il riassunto del pipita precedente all’infortunio è in quell’esagerata rassegna di prove d’autore utile per farsi un’idea della statura d’un bomber pagato a peso d’oro: quattro reti ed in rapidissima sequenza, tocchetti dolci come il miele o morsi da vipera dei sedici metri, guizzi ispirati dall’uno-due con Insigne (al Chievo) oppure istintive intuizioni per rubare lo spazio e il tempo al «nemico» che osserva (con il Borussia Dortmund). Una quaterna secca inaugurata il 29 agosto a Verona e poi stoppata a San Siro, contro il Milan, in quella Scala del calcio percorsa con la fierezza di chi sa d’essere proiettato al centro d’un palscoscenico nel quale è richiesta (inevitabilmente) l’ennesima prova d’autore. Roma-Napoli, c’è un hombre che s’allunga nella notte…
Fonte: Corriere dello Sport
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