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Il Pytium ha inaridito l’erba del San Paolo. Spunta l’ipotesi che non sia tutto spontaneo…

Il manto erboso del San Paolo, domenica scorsa più vicino a un campo di beach soccer che a un prato da serie A, finisce al centro di un giallo che rischia di gettare pesanti ombre sullo stadio di Fuorigrotta. Il terreno di gioco, con poca erba e tanta sabbia, che ha fatto da squallido proscenio alla sfida tra Napoli e Fiorentina, è stato attaccato da un fungo – il Pythium – che ha inaridito l’intero rivestimento. E mentre i tecnici sono alla ricerca di una soluzione immediata, c’è chi ritiene che questa malattia crittogamica non abbia avuto una genesi spontanea — il caldo o l’eccessiva irrigazione — ma sia stata indotta. Aurelio De Laurentiis, ieri mattina a radio Rai, si è limitato a confermare che «un virus è entrato nel terreno dello stadio». Qualche ora dopo nel vortice mediatico, che nel frattempo si era trasformato in caso nazionale per un articolo di Dagospia che rilanciava l’ipotesi di sabotaggio, ha fatto irruzione anche l’assessore allo Sport del Comune di Napoli, Pina Tommasielli. Che ha smentito l’ipotesi di un legame tra la distruzione del manto erboso e l’intervento esterno per «infettare» il campo. «Smentisco qualsiasi ipotesi di sabotaggio che sento circolare in queste ore in città – ha detto l’assessore – non ritengo ci possa essere stato intervento esterno». Nel bailamme generale, l’unico punto fermo resta la necessità di risolvere il problema del campo. Per questo il Napoli ha affidato a Giovanni Castelli, tra i migliori agronomi d’Italia, il guru dei campi di calcio che salvato il manto erboso del Meazza di Milano e gestisce i campi di Coverciano dove si allena la Nazionale di Prandelli, il destino del San Paolo. L’esperto, questa mattina alle 9, effettuerà un sopralluogo a Fuorigrotta con Salvatore Marrone, il titolare dell’impresa che cura il prato dell’impianto per conto del Napoli, e Leandro Galardini, altro consulente tecnico del club. Castelli, in tutto questo rincorrersi di ipotesi, ha garantito almeno una certezza: «Questo fungo, a livello latente, probabilmente era già nel terreno da qualchemese— ha rivelato l’agronomo—con questo caldo torrido, e con un eccesso di irrigazione per tentare di salvare l’erba, c’è stata la proliferazione progressiva del fungo. Servirà un mese per tornare a vedere un campo al top. E oggi, dopo il sopralluogo, decideremo se sarà necessaria una nuova semina con granelli a crescita accelerata o una rizollatura parziale». Intanto ieri mattina, dopo una prima serie di lavori al prato, il manto era già migliorato. L’erba era ricomparsa e le zone aride si erano notevolmente ridotte Anche perchè la sabbia, sistemata per proteggere i primi fili d’erba, era stata lavata via dalla pioggia. «Abbiamo dovuto sistemare mezzo centimetro di sabbia, prima della partita, a protezione di quell’erba che era cresciuta con la semina di sabato—ha confermato Marrone – adesso effettueremo altri interventi per riportare il campo al vecchio splendore.

Fonte: Felice Naddeo per il “Corriere del Mezzogiorno”
La Redazione
C.T.

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