Quanto contano le cento panchine in Champions di Rafa Benitez per il Napoli? Tanto, anzi tantissimo, centuplicano le forze e pure la sfrontatezza di chi è al debutto o quasi. Danno sicurezza, iniettano quel senso di già vissuto che impedisce di commettere antichi errori. La sua esperienza vincente si trasmette agli altri, a Mertens per esempio: mai visto così forte come a Marsiglia, un incubo per i francesi, una delizia per i compagni che sapevano di poter contare su un riferimento sicuro in ogni fase della partita. Fino al capolavoro del pallone servito di tacco a Zapata per il gol che ha restituito la baldanza che contro l’Arsenal era come evaporata.
E il colombiano che preferisce essere chiamato Duvan è stato, se possibile, ancora più perfetto con un’esecuzione esemplare. José Altafini avrebbe detto da manuale del calcio, ma lasciamo a lui il privilegio di scegliere in quale pagina collocare l’impresa.
Aspettando Higuain, il miglior Higuain, serve anche questo. Anzi, è fondamentale. Tranquillo in panchina, Benitez sapeva che sarebbe arrivato anche il momento di quelli finora lasciati ai margini, confinati in un apparente cono d’ombra. Il gioco moderno, e quello del Napoli in particolare, è molto dispendioso; costa fatica, impone tempi di recupero non rinviabili. Ecco perché le alternative sono importanti, irrinunciabili. È vero che Higuain serve anche quando non è al massimo, è altrettanto indubitabile che Hamsik in campo fa paura più che vederlo assorto a guardare gli altri giocare, ma la fantasia è indispensabile a questa squadra. È connaturata al modo di essere della città che i giocatori rappresentano, incarna lo spirito dei tifosi, esalta la tradizione che di fatto testimonia la storia del marchio. E la fantasia ha bisogno di freschezza. La consapevolezza delle potenzialità del Napoli si è avuta nel giorno meno felice: la sconfitta contro la Roma punì gli errori commessi, soprattutto quelli irreparabili in difesa. Il numero delle occasioni prodotte dall’attacco fu comunque rilevante, proprio come è accaduto a Marsiglia dove il primo tempo ha evidenziato una distanza notevole tra le due formazioni che l’arena marsigliese non è mai riuscita a compensare. E anche questa è stata una dimostrazione di maturità.
Il cammino dai tre tenori Cavani-Lavezzi-Hamsik a oggi ha coperto la distanza di una maratona, un percorso di formazione diventato una selezione naturale che consente ora ai più resistenti di sopravvivere alle partenze di campioni considerati insostituibili. L’apporto dato da chi è sopraggiunto ha generato qualità: l’impressione è sempre che nulla durante la partita accada per caso: tutto è studiato, elaborato, metabolizzato rapidamente. La piena valorizzazione di Fernandez è solo il nuovo atto, non l’ultimo, nel processo di crescita che dovrà continuare in Italia.
Quale Napoli l’Europa restituisce al campionato? Sicuramente una squadra ancora più consapevole del proprio destino: è una macchina costruita per vincere, non per far numero, o numeri improvvisati. Deve imparare a essere più spietato, evitando insostenibili leggerezze che in alcune occasioni possono trasformarsi in handicap irrecuperabili. Il professor Benitez, pacato docente di logica calcistica, deve aver già aggiornato le proprie lezioni. Quest’anno il trenta non basta. Occorre la lode.
Fonte: Il Mattino
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