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Il Procuratore Lepore: «Rapine ai calciatori, nessun complotto»

«Non c’è nessuna pista che ci autorizzi a sostenere che dietro i vari episodi che hanno visto come vittime alcuni calciatori del Napoli e le loro mogli o compagne vi sia un filo comune. E tantomeno ci può entrare la camorra». Giovandomenico Lepore è perentorio. Nessun complotto, nessun disegno organizzato emerge – almeno al momento – in relazione ai quattro inquietanti episodi che si sono verificati di recente ai danni di Edinson Cavani, Marek Hamsik, Esequiel Lavezzi e, infine, Salvatore Aronica.
Singoli episodi di cronaca nera, punto e basta. Almeno fino a prova contraria. La camorra? È un alibi comodo e troppo facile da evocare: anche perché – questa è per ora l’analisi della Procura della Repubblica di Napoli – ci sarebbe da dimostrare l’esistenza di un qualche disegno criminoso che investa non tanto le singole vittime, quanto piuttosto la Società sportiva calcio Napoli, eventualmente destinataria di un oscuro disegno, al momento indecifrabile.
Ma ricapitoliamo. Tutto nasce da quattro singoli episodi, tutti confluiti in un unico fascicolo investigativo. Fatti che si sono verificati negli ultimi giorni, ai danni di calciatori della squadra azzurra e di loro familiari.
Si comincia con un furto nell’abitazione del «matador», il centravanti azzurro Edinson Cavani. Accade a Lucrino. Di qui la decisione del campione uruguaiano di cambiar casa, in un parco di via Tasso. Poi è la volta della compagna di Marek Hamsik. È il giorno di Napoli-Manchester City quando Martina Franova – giocatrice del club di handball Orta di Atella – che si trova a bordo della sua Bmw X6 viene bloccata per strada da due rapinatori che, sotto la minaccia di una pistola, le sottraggono la macchina. L’auto, dotata di antifurto satellitare, verrà ritrovata qualche ora più tardi.
Tre giorni fa tocca invece alla compagna di Lavezzi, la modella argentina Yanina Screpante (ieri sera assente allo stadio). Nella notte tra sabato e domenica, a Posillipo, la ragazza viene rapinata a mano armata del suo orologio Rolex. Ne sugue un tormentone alimentato su Twytter, con tanto di epiteti rivolti alla città di Napoli, di offese poi rettificate; e come se non bastasse, interviene pure il manager del «Pocho», che rincara la dose sostenendo che «a Napoli Lavezzi non vive bene», perché – di fatto – non riesce ad avere vita privata a causa dell’asfissiante affetto dei tifosi.
Ultimo episodio, quello di Salvatore Aronica: al difensore del Napoli viene rubata l’automobile. L’episodio risale a qualche mese fa, ma sale alla ribalta nel momento in cui l’intera squadra azzurra sembra accerchiata dalla malavita cittadina. Per questo la Procura decide di affidare i vari casi ad un unico pubblico ministero. Ma questo – chiarisce ieri al «Mattino» il procuratore Lepore – non autorizza certo a ipotizzare né che i cari casi siano legati da un filo comune e tantomeno che il Napoli sia in qualche modo sotto ricatto da parte di qualcuno. E da chi, poi?
Presto individueremo i colpevoli della rapina ai danni della fidanzata di Lavezzi», ha detto ieri, da Caserta, dove ha partecipato ad un vertice con il vice-capo della Polizia, ribadendo l’improbabilità di un disegno criminale dietro gli episodi che hanno riguardato i giocatori del Napoli. «Sono fiducioso, abbiamo una squadra apposita per questo tipo di rapine – ha spiegato Lepore – e stiamo facendo indagini sul mondo dei ricettatori».

 

La Redazione

P.S.

Fonte: Il Mattino

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