Fatta, praticamente già fatta: e in quella notte che è autenticamente surreale, con il vecchio, carissimo Cibali depresso, ciò che è clamoroso è l’entità d’una sconfitta che spalanca al Catania le porte verso l’inferno della serie B, ma pure la dimensione di un successo che riproietta il Napoli in Champions (e vabbè, preliminari) e spaccano definitivamente il campionato in tre tronconi. Fatto, ormai è legittimamente fatto: e a otto giornate dalla resa dei conti, soltanto miracoli o assai improbabili crisi possono riscrivere il destino. Catania 2, Napoli 4: quasi senza sforzo, timbrando in 45 minuti ciò che s’era largamente intuito per sette mesi, ciò che era stato sottolineato – tranne vaghe contorsioni – da agosto in poi.
UN SORSO SOLO – La partita è un monologo, sa di sfida impari, viene condita qua e là da qualche libera interpretazione (ma va, saranno concessioni) del Napoli e da rari slanci d’orgoglio del Catania, ma su quel ring volano sberle autentiche, ingovernabili per chi mostra limiti strutturali (tecnici e anche tattici) ed è inferiore in maniera manifesta. Catania-Napoli è la storia un po’ bislacca d’un monologo che non ammette repliche altrui, è uno scontro tra giganti e lillipuziani che va persino oltre il prevedibile copione: 0-4 al riposo, nella stordente atmosfera di uno stadio inferocito, pigramente (pardon, polemicamente) intrufolatosi in un tunnel senza vie d’uscita.
POKER – Al Napoli va di lusso, perché l’emergenza (fuori Ghoulam, Maggio, Zuniga, Mertens e Behrami) viene affrontato a petto in fuori da Benitez, che rinuncia pure a Higuain e va a tastare Duvan Zapata: la Fiorentina è largamente distante, di nuovo a dieci punti, l’antipasto della Champions è teoricamente garantito e la doppietta del colombiano serve per infondere fiducia e autostima al colombiano. Poi ci sono le bollicine ubriacanti: c’è un Callejon che fa male, e quanto, entra nell’1-0, coglie lo strafalcione Andujar-Legrottaglie (scontro buffo) e si prende il 2-0, ispira il 4-0 tinteggiato d’azzurro; ma l’Hamsik che riemerge dai suoi incubi è una cartolina d’elegante ottimismo, è palleggio e assist (si può dire?) su un capolavoro d’Henrique modello Van Basten nella finale degli Europei dell’88, è lettura razionale o anche sventagliate illuminanti per cambiare il gioco.
TRISTEZZA – Il Catania non c’è e se qualcuno ne ha notizie conviene verificarle, perché l’impalpabile consistenza viene denudata dal Napoli-2 al quale serve appena mostrare i muscoli (e neppure tutti) per demolirlo: però pure la sorte (sembrerà strano in uno 0-4) concede del suo, mostrandosi in circostanze che potrebbero mutare lo sviluppo di una gara evidentemente segnata: la traversa di Keko (22’) sullo 0-1 è la dimostrazione che deve passare la nuttata e quel «muro» che è Zapata, in opposizione al sinistro centrale e invitante di Monzon è un cenno da cogliere. Il resto è divario enorme, che le circostanze ed il cinismo del Napoli provvedono a esaltare attraverso – stavolta – ragionamenti lucidi, che s’avvertono a destra, sull’asse Callejon-Hamsik o anche attraverso il possesso palla di Jorginho e Dzemaili, in versione riflessiva.
REAZIONE – Però bisogna pur giocarla, anche se è ormai in cella frigorifero c’è ogni dettaglio: Maran dà una scossa nello spogliatoio, passa al 4-3-3, ha almeno l’opportunità, in quel gelo che è diventato un «Massimino» ormai disadorno, abbandonato dalla massa e (mentalmente) pure dal Napoli, di concedere a Monzon (su respinta un po’ naif di Reina) l’1-4, di intravedere cenni di vita. Però Marte è lontano – nonostante Gyomber (e il colpo di testa del 2-4 tra statuine) e la serie A pare un pianeta irraggiungibile, nonostante le altre facciano di tutto per dare ancora una speranza, piccola ma piccola così: perché la classifica è corta, ma il Napoli è evaporato, si è concesso distrazioni ed avvicendamenti (fuori Henrique, Reveillere va a destra e Britos va a fare l’esterno di sinistra; un po’ di minuti concessi a Radosevic e sottratti ad Hamsik; un po’ di riscaldamento per Higuain, applauditissimo): la testa è alla Juventus, alla Champions League che va certificata. 2-4, cos’altro bisognava aggiungere, se non qualche spruzzatina di pathos?
Fonte: Corriere dello Sport
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