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Il Pocho: “Lo Russo? Pensavo fosse un ultras”

"Se il Napoli vince lo scudetto vengo a fare festa"

Per lui, Antonio Lo Russo era un tifoso e nulla più, uno con cui intrattenersi per una chiacchierata, magari per un incontro di play station nella sua ex dimora posillipina. Eccolo Ezequiel Lavezzi, giacca blu, camicia a scacchi, fisico asciutto. Entra nell’aula 113, atteso da almeno duecento persone, tra avvocati e un pubblico di spettatori, in un evento che sembra andare al di là del processo per riciclaggio che si sta celebrando dinanzi alla settima sezione penale. E invece in quei dieci minuti di deposizione, Lavezzi racconta uno spaccato della sua vita a Napoli, rispondendo alle domande del pm Sergio Amato, titolare delle indagini assieme alla collega Enrica Parascandolo: conosceva Antonio Lo Russo, era amico del ristoratore Marco Iorio, ha avuto modo di conoscere l’ex capo della mobile Vittorio Pisani, per aver autografato alcune magliette del Napoli. Tutto secondo copione, tutto come raccontato ai pm un anno fa. Non si sottrae, Lavezzi, a differenza di Mario Balotelli, al momento citato come testimone ma sempre assente in aula, al punto da spingere gli inquirenti a valutare di chiedere al Tribunale di Napoli di comminare una multa al calciatore del City. Processo per riciclaggio, sotto accusa alcuni imprenditori napoletani ritenuti responsabili di aver ripulito soldi di provenienza sospetta. Lavezzi, dunque, si racconta: «Sì, conosco Marco Iorio, è un mio amico», esordisce a proposito di uno degli imprenditori in cella dal 30 giugno del 2011. «Conosco anche Vittorio Pisani – aggiunge -, l’ho visto quando mi chiesero di mettere alcuni autografi sulle maglie, so che lo chiamavano ”capo”». Poi, la domanda sui rapporti con Antonio Lo Russo, latitante dal 2010: «Non sapevo fosse un camorrista, ero convinto fosse un ultra del Napoli, veniva spesso a casa mia, magari anche senza preavviso. Lo Russo era un tifoso, veniva da me, quando mi trovava entrava, ricordo che una volta abbiamo anche giocato a play station assieme. Una volta – ha poi aggiunto – l’ho visto al San Paolo». Ma chi è Antonio Lo Russo? E perché interrogare Lavezzi su Lo Russo? Famoso per la foto che lo ritrae a bordo campo durante la partita Napoli-Parma – siamo nella primavera del 2010 – Lo Russo è il figlio di uno degli imputati, il boss pentito Salvatore Lo Russo».
Poi il «pocho» ha confermato ai pm di aver acquistato in leasing la barca di Fabio Cannavaro, proprio in seguito alla mediazione di Iorio. Tocca alla difesa dell’imprenditore, al penalista Sergio Cola, chiedere particolari sui rapporti tra Lavezzi e Iorio: «Non ho mai parlato di Lo Russo con Iorio, né ricordo di aver visto Antonio Lo Russo in uno dei ristoranti di Marco. Lo ripeto, per me era un tifoso, un ultra, non sapevo fosse un camorrista. Anche in Argentina, si usa mantenere rapporti buoni con i tifosi». E rispondendo alle domande del penalista Ernesto Palmieri, Lavezzi chiarisce anche il caso degli orologi sequestrati nel corso del blitz della Dia: «Ho lasciato orologi e gioielli a Marco, quando sono partito per le vacanze, ma mi sono stati ridati dopo il sequestro». Ma non è tutto. L’ultima battuta, Lavezzi la concede fuori dall’aula, a chi gli chiede se tornerà a Napoli, magari per festeggiare la vittoria dello scudetto: «Se il Napoli vince lo scudetto, sono felice», ha detto prima di salire in un taxi e allontanarsi dal Centro direzionale. Istruttoria complessa, si torna in aula con i testi della difesa di Pisani. Assistito dai penalisti Vanni Cerino e Rino Nugnes, l’ex capo della Mobile ha sempre ribadito la correttezza del proprio ruolo ed è pronto a dimostrarlo a partire dalle prossime udienze, quando in aula sfileranno come testi a difesa i suoi ex collaboratori.

Fonte: Il Mattino

La Redazione

P.S.

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