Andrea Pirlo, sembra girare in campo con la scritta: «In caso di problemi passatemi il pallone», i calciatori della nazionale italiana lo sanno, e lo servono. Lui stoppa, ragiona e avanza, gira come e più d’una porta grandhotel, ma non perde la palla. Un suo assist sbagliato è un evento, non protesta, non parla, risolve. Mentre gli altri imprecano, lui inventa spazi, loro dilapidano, lui ricomincia da capo, con una pazienza da catena di montaggio: distribuisce palloni ed occasioni da gol. Certo c’è Marchisio a fargli da bodyguard e De Rossi come un cugino al parco, che segue a ruota, in caso di pericolo copre, recupera. Se c’è da piazzare in rete una punizione lo fa, e deve anche sentirsi Balotelli che spesso scambia il campo per il Lunapark. Pirlo no, è un ingegnere, ha una serietà giapponese, poi magari sorride anche, ma dopo, a soluzione trovata, a partita vinta. E quando c’è da osare, lo fa. Senza annunci, alla Totti. No, corre, sereno, la sua è una missione – mica è lì per scherzare, per quello c’è Cassano –, piazza il pallone sul dischetto e tira fuori il cucchiaio, che in quelle condizioni, in mezzo al caos sentimentale dei rigori, serve a dire agli inglesi: «levatevi». Di più ha fatto solo Zidane e ha perso la testa, Pirlo no, potete stare sicuri, il risolutore non può permettersi testate, ma solo colpi a effetto. Ha l’indolenza dei Baustelle quando avanza in campo ricorda il ritmo delle loro canzoni e il ciuffo di De André, potrebbe giocare con lo smoking e gli scarpini, per come – apparentemente – si muove, una aristocrazia che dai tocchi del pallone arriva a ogni singolo movimento, e no non spara, ma segna, quando serve, il più delle volte vede cose che voi giocatori non immaginate: lancia, crossa, apre, inventa spazi e gallerie che Balotelli sciupa, sapendo che ci saranno ancora soluzioni, ancora lanci, fin quando ci sarà in campo Pirlo.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
