UDINE – Up e down: perché la vita è un continuo saliscendi, è una montagna russa, è stordimento allo stato puro. E’ il Napoli, insomma, che se ne va su e giù, esalta e poi inibisce, legittima se stesso e la sua statura internazionale e poi, ops, conferma d’essere vittima della sindrome da provinciale: 1-1, lasciando all’Udinese non solo lo specchio per ammirare i propri pregi ed occultare gli umanissimi difetti, ma portandosi appresso – ancora – una secchiata d’acqua gelida e di rimpianti. Up e down: partendo da Napoli, prendendosi il campo, segnando e poi sciupando (e come e in che modo?) e infine concedendo (ancora) il sesto aggancio.
I dubbi. La partita che non t’aspetti è un concentrato di buona volontà espressa nel clima pasquale di chi sa di avere dignità e però deve anche raschiare il fondo della propria anima per andare a rimediare tracce di motivazioni: il Napoli le scova, avverte la necessità di blindare (e seriamente, dunque aritmeticamente) il terzo posto; e poi gradirebbe togliersi quell’abito sdrucito d’incompiuta. E allora, si palleggi o si osi, con il sinistro di Insigne (11′) smanacciato da Scuffet; con Hamsik (24′) che di testa la chiude debolmente dopo apprezzabile percussione sul perimetro; con la ciabattata di Insigne (28′) incredulo di ritrovarsi a sette metri dalla gloria. L’Udinese è inizialmente spenta dentro, tatticamente costruita con il 4-3-3 per arginare, dimentica che le è stato chiesto di ripartire: però, quando l’organizzazione viene mostrata in tutta la sua intierezza, da Muriel per la sovrapposizione di Gabriel Silva e traversone sul primo palo per l’incornata di Badu. Sono centimetri o magari millimetri, però è un’occasionissima.
Sempre lui. Quello è un accenno, blando; il resto è Napoli, certo senza strafare, ma limitandosi a fare: rimessa con le mani di Ghoulam, la spizzata di Zapata la aspetta e la trova Callejon, che carica e poi demolisce l’inconsistenza di Gabriel Silva e la disperazione di Scuffet. Ci sarebbe da andarsene in archivio, viste le premesse, però il Napoli ha due volti, si sa, e mica da adesso: costruisce e poi dilapida o demolisce e lo fa con naturalezza desolante. Il calcio è scienza esattissima (da oltre un secolo) e a gol sbagliato segue sempre quello subito: però, stavolta i «principi azzurri» vanno oltre, strapazzano due volte la sorte, la prendono a ceffoni con Zapata (4′) che viene spedito da Insigne a raddoppiare ed invece inciampa e fa recuperare Danilo e si ripetono con Insigne (7′), che con gli occhi segue la traiettoria del 2-0 diventare una beffa d’un niente. L’Udinese s’è rimessa in piedi, ha accorciato, ha sveltito la sua fase passiva, va in pressing e Pinzi (9′) ha rapidità di pensiero: intuisce che sta per accadere qualcosa, coglie l’appoggio sbagliato di Reina, anticipa Behrami, «imbuca» per Bruno Fernandes ch’è in fuorigioco, ma nessuno se ne accorge ed è 1-1.
Finalino. Il resto è sublime intenzione: quelle dell’Udinese sono nobili, tentano di dare un senso alla Pasqua; quelle del Napoli lasciano perplesse: perché è vero c’è contatto in area Domizzi-Pandev ed è altrettanto vero che la giostra di Insigne s’è fermata tra un battibecco con Callejon, un destro-assist proprio allo spagnolo (22′) annientato da Gabriel Silva e un sinistro al volo che non fa la bua a Scuffet ma soltanto al Napoli, pietrificato pure stavolta nell’osservarsi con cura: up e down. Macché, stavolta esce down.
Fonte: Corriere dello Sport
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