Parlano le cifre: undici partite con il Napoli, otto gol. E ieri pure un palo. Campionato, Supercoppa o Europa League, Italia o Ucraina, non c’è differenza. Cavani non frena. Avanti a tavoletta. Anche contro il Dnipro, dopo un primo tempo in cui gli azzurri sono stati rivoltati come un calzino, il Matador ha trovato la forza, l’orgoglio, la grinta per annacquare la ferocia agonistica degli avversari e quel senso di disagio che il suo Napoli ha avuto fino a quando lui è rimasto in panchina.
È un portento, il Matador. Una forza della natura. Entra nella ripresa e rianima le sorti della sua squadra. È la legge di un campione che, a 25 anni, è il trascinatore del Napoli, non soltanto per i (tanti) gol che segna, ma anche per la serietà dentro e fuori dal campo. Un esempio per molti. Una grande capacità di resistere alla pressione e alla popolarità. Un modo di essere, di vivere e di intendere il calcio che lo fa amare in Uruguay persino più di Suarez e Diego Forlan. Cavani, dalle Olimpiadi, eliminato nei quarti di finale, al Dnipro, da luglio a ottobre, dall’Inghilterra all’Ucraina, passando per la Cina e per la Bolivia e l’Argentina, ha saltato solo la gara interna in Europa League, quella con l’Aik Solna ed è sempre decisivo ogni volta.
I suoi sono stati solo dei lampi nella notte ucraina del Napoli. Un numero incredibile sul palo pieno colpito di testa dopo una torsione spettacolare. Prima e dopo, per il resto del Napoli, solo molti errori e tanti richiami. Soprattutto per il suo vice, Edu Vargas. Walter Mazzarri al cileno non gli ha perdonato niente, fino al momento del cambio proprio con Cavani, dopo appena 6 minuti nella ripresa. Vargas lascia il campo a passo lento, alla stessa velocità con cui ha corso fino ad allora.
Nel mirino la modestia del bomber che qui in Italia è ormai da 10 mesi. Che si accomoda in panchina sconsolato, deluso e arrabbiato. In fondo la sua non è l’unica faccia triste nello spogliatoio. Per fortuna la qualificazione ai sedicesimi non è compromessa. Anche se la delusione dei 160 tifosi del Napoli è stata enorme. Tanto che hanno persino rifiutato le maglie che i giocatori hanno lanciato a fine gara sugli spalti quando Cavani e soci sono andati lì per ringraziare per il sostegno. Una protesta per la gara incolore disputata dal Napoli.
Il gol di Cavani (l’ottavo in Europa League, considerando i sette realizzati nell’edizione 2010/11) non rende meno amara la notte di Dnipropetrovsk. Tra i giocatori è una processione di facce lunghe e imbarazzate perché nemmeno il tifoso azzurro meno ottimista poteva immaginare che sarebbe finita così. Per fortuna del Napoli, il pari tra Psv e l’Aik non produce l’effetto di far uscire gli azzurri prematuramente dall’Europa di serie B. In realtà, il brutto k.o. del Napoli ha delle ragioni solo tecniche e tattiche, essendo il frutto della differenza fra una squadra che ha giocato e una che, almeno per un tempo, si è mostrata inadeguata.
«Anche stasera siamo partiti male, infatti alla prima occasione abbiamo subito gol», è il commento di Salvatore Aronica, ieri capitano. «In campo europeo è sempre difficile rimediare agli errori. Sappiamo tutti che il Napoli ha dei giocatori imprescindibili, i cosiddetti titolarissimi, ma chi scende in campo cerca di fare sempre il massimo. Probabilmente ci manca qualcosa, nelle ultime gare fuori casa siamo venuti meno. Oggi c’è poco da recriminare. Stanchezza per alcuni titolari come Cavani e Pandev in vista del campionato? Si tratta di giocatori giovani, temprati, abituati a fare le coppe. Non credo ci sia un dispendio di energie così grande, ma poi sono scelte che riguardano il mister».
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