Era già tutto previsto: e, due anni dopo, rileggendo il Mazzarri-story, tra le nuvolette in cui Napoli s’è appisolata per sognare ad occhi aperti, riemergono le tracce di una rivoluzione annunciata. Vista dall’alto – e rivista a posteriori – a ottobre del 2009 (il 6 per la precisione, la data dell’annuncio di Mazzarri al posto di Donadoni), uscendo dal sottoscala d’una classifica provvisoria, la favola ha i contorni netti e spavaldi personaggi in cerca d’autore; ma dalla penombra di quell’avvio stentato, la svolta che annuncia la belle époque è nelle quindici partite che separano nettamente un ciclo dall’altro. La notte è fatta per sognare o per vivere un incubo, dal quale il Napoli rivoltando la sua esistenza come un calzino e manco ci fosse una bacchetta magica – sull’oscuro trimestre di Roberto Donadoni piomba Walter Mazzarri con la lampada di Aladino, che illumina a giorno: vittoria in rimonta a Bologna, exploit esterno a Firenze, 2-2 con il Milan in una serata da batticuore (0-2 al 5′ e poi Cigarini e Denis dal 91′ al 94′) ed il capolavoro di Torino, in casa Juventus, con l’uno-bianconero trasformato in un 2-3 che sa di storia.
RINASCITA – Incredibile ma vero, i numeri hanno un’anima ereditata dal nuovo Napoli, che a fine anno si ritrova addirittura in Europa League e dà un senso al suo valore intrinseco, anzi sommerso, lasciandolo emergere. E’ la rinascita, il primo passo, prima che l’esplosione diventi fragorosa con l’avvento di Edinson Cavani, il bomber travolgente che completa l’asse offensivo, consente ad Hamsik e a Lavezzi di rappresentare il fattore sorpresa e concede a Mazzarri la possibilità di avvicinarsi al suo 3-4-3 in maniera palpabile: il tridente, stavolta, sarà pure «sporco», però ha comunque armi letali che danzano tra le linee e consentono transizioni improvvise, frenetiche, devastanti e concedono respiro internazionale con tanto possesso palla, cambi campo e ripartenze che lacerano e nove vittorie in trasferta che sanno di Champions, ventuno anni dopo.
MADE IN ITALY – E’ il calcio made in Naples di Mazzarri, la rilettura in chiave moderna del calcio italiano, che non è un limite ma un modo nuovo di essere, come sostenuto dalle cifre dell’identità: quarantatré vittorie, ventisette pareggi, venti sconfitte; e, a corredo di tutto ciò, 127 reti segnate per mostrare la bontà della fase offensiva e ottantasette gol subiti, per ribadire la capacità di coprire, senza doversi sentire un « contropiedista » ma un cultore dell’organizzazione.
VALORIZZAZIONE – E’ il Napoli dei Cavani, degli Hamsik, dei Lavezzi, degli uomini copertina; però è anche la squadra con un portiere come De Sanctis che stabilisce il nuovo primato di imbattibilità interna (799 minuti) con la complicità di un reparto sorprendente, fisico e maturo che ha in Campagnaro, in Cannavaro e in Aronica il controtridente delle meraviglie. Ma intanto Grava e Zuniga scoprono il piacere di esserci e Dossena riacquista fluidità di corsa.
L’EUROPA ACCLAMA – Due anni dopo, quel Napoli 2 Bologna 1 è un puntino che si perde nella memoria, sopraffatto da un serie di exploit che si prendono la scena e da un avvio della terza stagione Mazzarri vissuta all’insegna della continuità, della maturità: l’Etihad Stadium è lo spot più abbagliante del biennio, perché nella tana del Manchester di Mancini, le sagome di Aguero o di Dzeko non fanno paura; e poi c’è la prima vittoria in Champions sul Villarreal e il blitz autorevole di san Siro, al netto della svista di Rocchi. L’Inter è battuta dai nove undicesimi dell’anno scorso, dal blocco storico che ha riallacciato i rapporti con la serie A, dalla solidità di un progetto avviato nel 2004 da De Laurentiis & Marino, sorretto da Reja con le due promozioni e lasciato decollare – con il sostegno di Bigon – prepotentemente da Mazzarri, che stupisce con effetto speciale e immediato. Benvenuti in Europa: e il viaggio continua.
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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