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Il Napoli sa come si vince

La squadra azzurra non vuole fermarsi alla Coppa Italia

Gli ex bravi ragazzi, quelli che bisogna far crescere e maturare al più presto, sono pronti a ricominciare dal punto stesso che ha regalato gioia e lacrime di piacere estremo: da una certezza chiamata vittoria. La prima grande, importante, finita e impacchettata dell’era Mazzarri. E dunque De Laurentiis: la conquista della Coppa Italia. In barba alla Juve, per giunta. Più cattivi? Probabile. Più convinti di certo: il Napoli, ora, sa come si vince.

CENERE E POLVERE – E allora, il grafico: da Reja a Mazzarri, passando per Ventura e Donadoni. Anni contro mesi. Una parabola che sale, sempre più in alto, fino ad arrivare sull’Olimpo. Olimpico, pardon: la sciabolata della sconfitta nella finale play-off di C1, attuale Prima Divisione, nel 2004-2005; la doppia promozione nei due anni seguenti, in B e poi in A, con Reja al timone di una nave nata dalle ceneri del fallimento del 2004, e traghettata appena per sei mesi da Ventura. Prima dell’esonero. Poi, presenza quasi fissa in Europa (soltanto un’assenza dal ritorno in A, nel 2009, dopo l’addio di Reja e l’arrivo di Donadoni): le prime esperienze in Coppa Uefa e in Europa League; e poi l’apoteosi della Champions, incredibile gioia di notti d’amore e incredibile delusione, nella stagione appena conclusa: eguagliato il Napoli di Maradona, con l’approdo agli ottavi e il superamento del girone infernale, e infine il suicidio di Londra. Oro ridotto in polvere.
L’ESPERIENZA – Ecco, la mazzata con il Chelsea moribondo e resuscitato – fino alla conquista della corona – ha cambiato il corso della crescita della Napoli: prima un contraccolpo tremendo, che ha tra l’altro compromesso una qualificazione alla prossima Champions molto alla portata, e poi la lezione d’esperienza. Quale? Semplice: la pressione stritola. Menti sgombre, sorrisi veri, serenità: è così che, dopo le delusioni, è nata la vittoria della Coppa Italia. Il primo trofeo di Mazzarri e del Napoli di De Laurentiis.

GLI ASSI – L’apice della parabola, insomma: perché, al di là di una bacheca più prestigiosa, gli azzurri hanno vinto soprattutto la consapevolezza. Sì, dopo l’esemplare finale giocata con la Juve, ora in tanti sanno come si fa a vincere. Sanno che si può vincere e arrivare anche più in alto. E nell’imminente, prossima stagione, gli azzurri si presenteranno al via con un bel po’ di assi nella manica: De Sanctis e Maggio, ora all’Europeo, hanno un curriculum internazionale di tutto rispetto; Campagnaro e Fernandez lo accrescono con l’Argentina; Zuniga con la Colombia; Inler e Dzemaili con la Svizzera; Cavani con l’Uruguay, con cui ha già conquistato anche la Coppa America, Vargas con il Cile, Hamsik da capitano della Slovacchia. Tutti nazionali, praticamente.

IL LEADER – Tutti loro, gli ex bravi ragazzi che vivevano di fiammate, più uno in particolare: Goran Pandev. Mister Triplete (con l’Inter) e Coppa Italia (4 di fila): capitano della Macedonia, nonché miglior realizzatore e giocatore della sua Nazione, il primo acquisto dell’anno dovrà anche recitare la parte del condottiero. Sì, lui più di chiunque altro sa come si vince: dovrà avere un ruolo fondamentale, Pandev, soprattutto dopo l’addio di Lavezzi; trascinare il gruppo e non metterne al servizio soltanto il genio sregolato. In attesa del mercato, sia chiaro: perché Mazzarri ha chiesto altri uomini del suo calibro.

Fonte: Corriere dello Sport

La Redazione

A.S.

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