NAPOLI – Crederci. E poi combattere, «lavorare, lavorare, lavorare». Si scrive Londra e si ripensa a quei brividi che corrono lungo la schiena per un quarto d’ora, il dettaglio che fa la differenza e spinge Benitez a rileggere gli scarabocchi d’una squadra prima stellare e poi accecata da se stessa. «Non è questione di esperienza ma di errori» . I raggi X per scorgere anche la più piccola e apparentemente inutile leggerezza, per scovare l’origine d’un male oscuro che ha assalito nelle tenebre dell’Emirates ed ha sottratto idee ed energie a quel Napoli da mille e una notte improvvisamente imploso.
PERCHE’? – E si fa in fretta a catalogarla come «crisetta», la cartina di tornasole d’un disagio intravisto nella fase finale del blitz di San Siro o anche riemerso nell’1-1 con il Sassuolo o appena appena accennato nella ripresa contenuta di Marassi, un tempo trascorso a spassarsela vivendo di rendita per lo 0-2 di Pandev. La storia (stagionale) è rifatta in quindici minuti senz’appello ed in altri settantacinque senza mai tirare (seriamente) in porta, portandosi stavolta appresso il retaggio d’un avvio disarmante che Benitez raffigura in quei novecento secondi divenuti determinanti: «Abbiamo pagato a caro prezzo l’avvio, subendo troppo: e siamo stati puniti. Le distrazioni, a certi livelli, si pagano: finiti sotto, è venuta meno la fiducia».
LA CURA – Le ombre dell’Emirates sono racchiuse in quello spazio ristretto e l’alba del post-Arsenal è nell’abbuffata che Benitez si concede rivedendo il suo Napoli, osservandone i movimenti, cogliendone le difficoltà (insolite) sottolineate dalla effervescente cifra tecnica d’un avversario che ha ulteriormente ingigantito i demeriti di quella macchina apparsa (quasi) perfetta per sette partite su sette. «Però il carattere mostrato nella ripresa m’è piaciuto, anche se a quel punto la partita era ormai nelle mani dell’Arsenal. Ma la strada è lunga e noi continueremo a lavorare». L’antidoto è a Castelvolturno, negli allenamenti da mandare a memoria, negli atteggiamenti da assimilare per aver ulteriore consapevolezza della propria consistenza, d’una solidità tecnica alla quale andrà offerta anche il sostegno d’una personalità spiccata. «Bisogna ripartire in campionato».
LE STRATEGIE – Parlare conviene e confrontarsi anche, studiandosi con discrezione dinnanzi al videotape d’un tracollo episodico: ma, per cominciare, la pausa non è per le riflessioni ma per i muscoli intossicati da quattro partite in dieci giorni, un tour de force che ha gravato sulle gambe e magari nella testa d’un Napoli che Benitez ha ritrovato (inaspettatamente) inaridito, disidratato nelle idee esibite in passato ed invece evaporate in quella frazione di calcio che non gli appartiene, né tatticamente e né filosoficamente: «Ci sono stati fatali i quindici minuti d’inizio gara». Cosa sarà mai un quarto d’ora rispetto al futuro che aspetta il «suo» Napoli?
Fonte: Corriere dello Sport
La redazione
F.G.
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