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Altro che modello Barcellona, il Napoli non è ancora una squadra per giovani

Tra promesse e smentite, il progetto giovani rischia di fallire

“… Il secondo quinquennio sarà quello in cui si costruirà il vero Napoli, un Napoli stile Barcellona. Una squadra dove si parte da talenti giovani, molto giovani, che non potranno dare magari da subito tutto quello che si vuole (…) ma intanto te la giochi. (…) Nel calcio si vuole tutto e subito, io invece  voglio costruire qualcosa di duraturo”. Parole e musica di Aurelio De Laurentiis.

Il 2010 volgeva al termine e il presidente del Napoli, in una lunga intervista televisiva, faceva un primo bilancio della sua esperienza calcistica e tracciava il progetto del suo Napoli sul modello Barcellona.

A più di due anni di distanza di quel Napoli giovane non c’è (ancora) traccia. La stagione 2007/08 è stata quella, tra gli altri, di Navarro e Santacroce, poi sono arrivati Cigarini, Ruiz e  Dumitru; in seguito Fernandez, Yebda, Chavez e Vargas. È storia recente, poi, quella di El Kaddouri e di Radosevic.

Il progetto di rilancio della squadra nell’anno del suo ritorno in serie A (stagione 2007/08, nda) si è basato sull’acquisto di Lavezzi (22), Gargano (23) e Hamsik (20). Tre calciatori giovani schierati con regolarità tra i titolari e che hanno contribuito in maniera decisiva ai successi azzurri.

Nella stagione 2010/2011 è stata la volta poi del colpo a effetto. Edinson Cavani è arrivato dal Palermo per 17 milioni di euro (cinque milioni di prestito oneroso e riscatto fissato a 12 milioni, nda). Un investimento economico importante per un attaccante di ventitré anni e che con la maglia rosanero aveva segnato, “appena” 34 goal in 109 presenze in serie A.

L’intuizione di Mazzarri di schierarlo punta centrale e le eccezionali doti di cui è dotato hanno fatto di Cavani uno degli attaccanti più prolifici al mondo e il cui valore economico si è triplicato in poco più di due anni.

L’attaccante uruguaiano è stato il calciatore giovane con cui l’attuale allenatore del Napoli  ha avuto meno difficoltà nel farne un perno della propria squadra. La sorte meno benevola che è toccata a tanti altri giovani promettenti transitati per Castelvolturno ha dimostrato la poca predisposizione di Mazzarri a lavorare con i giovani e la distanza che separa il progetto di squadra della società e la volontà del tecnico di affidarsi a calciatori già affermati.

Una differenza di approccio che rischia di vanificare gli investimenti economici della società e di privare la squadra di calciatori promettenti sui quali costruire il futuro prossimo del Napoli.

Tra i tanti giocatori citati, due mi sembrano esplicativi delle contraddizioni tra il progetto e la realtà odierna: Lorenzo Insigne e Josip Radosevic.

Il primo, pur essendo stato schierato con una certa regolarità, non ha la piena fiducia del tecnico, che continua a considerarlo l’alternativa di Pandev, anche adesso che il talentuoso macedone è in evidente difficoltà atletica. Inoltre, i compiti di copertura affidatigli lo privano della freschezza necessaria a fargli esprimere le sue grandi doti tecniche. Una soluzione tattica differente potrebbe facilitare la definitiva affermazione di Insigne e aiutare il Napoli a raggiungere il traguardo del secondo posto.

Il caso di Radosevic spiega da solo l’”equivoco Napoli”. Le preoccupanti dichiarazioni di Mazzarri nella conferenza stampa di ieri (“Per quanto riguarda Radosevic vi dico Bigon mi disse che sarebbe arrivato per la prossima stagione. Poi ci sono altri centrocampisti come Donadel nel suo ruolo, ci sono pur sempre delle gerarchie nel gruppo. A volte in allenamento non so dove farlo giocare perché  i ruoli sono tutti già al completo e mi tocca farlo giocare in un altro ruolo. Spesso mi chiedete di questo ragazzo, ma vi ripeto che di Radosevic dovete chiedere a Bigon ed alla società”, nda) sono lo specchio fedele delle contraddizioni che vivono nella società del Napoli. Da una parte, De Laurentiis continua a considerare Mazzarri la sua prima scelta per la guida tecnica, dall’altra non ci sono né coerenza né unitarietà nella gestione della squadra e del calciomercato.

Il risultato di tanta confusione può essere riassunto dall’ultima campagna acquisti invernale. Con un Napoli saldamente secondo ed impegnato in Europa League la società ha acquistato Rolando, Armero, Calaiò e Radosevic con l’intento dichiarato di rinforzare la squadra per gestire meglio le forze e provare a competere fino alla fine su due fronti.

Dei quattro acquisti il solo Armero ha trovato un po’ di spazio nelle formazioni del tecnico toscano.

Calaiò ha collezionato due presenze, giocando 10 minuti in campionato e mezz’ora in Europa League. Non partirà titolare nemmeno domani nella partita col Torino, anche in caso di assenza di Cavani e di indisponibilità di uno tra Pandev e Insigne. Ti viene da chiederti, perché è stato acquistato?

Rolando, è nazionale portoghese ed è stato titolare del Porto (fino a quando non sono sorti problemi sul rinnovo, nda), col quale ha vinto undici titoli in meno di cinque anni. Dal suo arrivo a Napoli ha collezionato 2 presenze in campionato e 2 in Europa League e pare ci siano dubbi sul suo riscatto.

Ultimo, il mistero Radosevic. Non ancora diciannovenne, titolare a diciotto anni  di Hajduk Spalato e nazionale croata, a Napoli è arrivato senza che l’allenatore ne sapesse nulla ed è stato relegato in Primavera. Strano per una squadra che dice di puntare sui giovani.

Ancora più strano se consideriamo che il Napoli ha in rosa due soli incontristi ed uno, Donadel, è da considerare il peggior investimento dell’era De Laurentiis.

Arrivato nello scorso campionato, il trentenne centrocampista veneto ha un contratto in scadenza nel 2015 e percepisce uno stipendio di un milione di euro all’anno.  Un investimento che ha reso pochissimo da un punto di vista tecnico. Una sola presenza nella prima stagione napoletana, segnata da un brutto infortunio, quattordici in quella attuale, quasi tutte (9, nda) nella fase a gironi dell’Europa League. Tutte segnate da prestazioni ben al di sotto della sufficienza.

Se un nazionale croato nelle gerarchie di Mazzarri viene dietro a questo Donadel, allora c’è da porsi molte domande su qual è la direzione in cui va questo Napoli.

Una chiosa doverosa è da fare sull’atteggiamento di Mazzarri. Il tecnico pretende tempo per riflettere sul proprio futuro e, giustamente, chiede a società, squadra e tifosi di “fare quadrato” per chiudere al meglio la stagione. Le dichiarazioni rilasciate in conferenza stampa, purtroppo, vanno in direzione diversa. Non contribuiscono certo a tenere gli animi distesi.

Una valutazione più complessiva di certe prese di posizione si potrà solo fare a fine campionato, quando il tecnico avrà dichiarato le proprie intenzioni.

La società, da parte sua, farebbe bene a valutare bene le proprie scelte se l’intenzione è davvero di arrivare a quel Napoli giovane, “stile Barcellona”. Dalle parti di Castelvolturno gioventù fa ancora troppo rima con tribuna.

A cura di Pompilio Salerno

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