Incredibile ma vero: l’otto volante che ora sorvola l’Europa, quel dirigibile azzurro che avanza orgoglio e fiero, è la raffigurazione ideale d’un miracolo alla napoletana, la macchina perfetta costruita negli scantinati del calcio e poi condotta per mano tra le stelle. Da maggio 2005 a marzo 2012 c’è l’infinito che viene scoperto lentamente (e però gradualmente) ed ora che Stamford Bridge sta per schiudersi dinnanzi, con il fascino imperioso della storia che può essere riscritta, l’oro di Napoli luccica a prescindere in quel ranking Uefa che è la cartina di tornasole dei giorni nostri e della stagione corrente.
REAL, BARCA, NAPOLI – Ma chi l’avrebbe detto, in quei giorni amari e tristi, in quell’era ancora glaciale, segnata dai riverberi del Fallimento, dalle difficoltà d’una ricostruzione avviata in un paio di settimane? Sette anni, otto stagioni e la polvere adesso ristagna negli angoli dimenticati della memoria, mentre l’Uefa esibisce la pagellina del 2011-2012: primo il Real Madrid, con la sua bacheca opulenta e uno special one al comando; poi il Barça, il più grande spettacolo durante i week-end e pure oltre; a seguire il Napoli, che in questa stagione meravigliosa può esibire varie medagliette – il pareggio in casa del Manchester City e con il Bayern, le vittorie sul Villarreal e sul City al san Paolo – racchiuse nel passaggio agli ottavi di finale, in una dimensione onirica che viaggia velocese verso Stamford Bridge e che richiede l’ennesimo sforzo prima che sia completato il capolavoro.
LA CAVALCATA – E’ nata una star, abbattendo le mura della diffidenza e di difficoltà (tecniche) oggettive, bruciando la concorrenza sul piano progettuale e dando un senso alla propria esistenza attraverso una filosofia che ha il marchio di fabbrica d’un club disposto a tutto, pur di cavalcare sempre l’onda verde. L’idea in controtendenza con le abitudini ricorrenti è incentrata sulla ricerca della felicità attraverso la meglio gioventù – italiana, straniera – da inseguire, coccolare, educare per farla recitare in un film che De Laurentiis ha prodotto seguendo i suoi schemi personali, con un management – da Marino a Bigon – lasciato libero di intepretare la propria corrente di pensiero ed integrarla, prima che Mazzarri modellasse la struttura a propria immagine e somiglianza. E allora, negli anni, da Cannavaro a Gargano, da Lavezzi a Cavani, da Hamsik a Inler, da Maggio a De Sanctis, da Pandev a Vargas, attraverso investimenti mirati in ogni direzione, nessuna esclusa.
L’OSCURITA’ – IL passato che non ritorna, che non deve ritornare, bandito dalla strategia di De Laurentiis («bisogna aver rispetto dei bilanci, per garantirsi il futuro») è ormai una labile presenza nei ricordi: ma appena sette anni fa, il 15 maggio, quando si chiude il campionato di serie C/1, il Napoli è terzo nel suo girone, e il 19 giugno, quando perde lo spareggio del «Partenio» di Avellino, è ancora nell’inferno del calcio, che ormai resta uno spettacolo da osservare dal buco della serratura. Il tempo è un galantuomo vola e poi lenisce persino quelle ferite: 14 marzo 2012, a Londra sifleranno principi azzurri, terzi nel ranking Uefa stagionale – con alle spalle il gotha del football continentale – ed è al 54esimo posto in assoluto in Europa. Le favole esistono.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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