Le simpatiche canaglie azzurre di ieri, giovani e giovanotti che oggi sono uomini e leader, hanno conosciuto il Napoli con lui. Con Edy Reja: Grava, Cannavaro, Lavezzi, Hamsik, Gargano, Aronica e Maggio. Tutti nipoti, tutti figliocci. Un tempo storie da scoprire e oggi colonne dell’azzurro che vince. Che sogna. E non dimentica.
LA MEMORIA – E allora, il principio. Che si chiama Grava, il soldato, uno degli idoli del San Paolo che, a differenza degli altri, è stato l’unico a essere lanciato da Mazzarri e accantonato da Reja in A. Ha giocato sulla fascia, sin dal gennaio 2005. Fuori ruolo perché lui, marcatore implacabile, ha ritrovato il naturale habitat con Mazzarri. Grava, comunque, ha condiviso gioie (e qualche dolore) con il tecnico di Gorizia: la finale persa ad Avellino, le promozioni anticipate e l’Uefa. E’ la memoria storica.
CAPITANO NAZIONALE – Nell’anno della B, invece, arrivò Cannavaro: Reja è stato l’allenatore del suo ritorno a Napoli. E poi è l’uomo che l’ha eletto capitano: riunione di spogliatoio, Montervino c’è e non c’è, e comincia la scalata di Cannavaro. Che con Reja ha condiviso i fischi di uno strano periodo di accanimento, salvo poi diventare leader, perno, e sentirsi acclamato. Fino alla convocazione in Nazionale: l’unica, con Donadoni ct, per un’amichevole con il Sudafrica nel 2007.
IL POCHO – Giovani italiani e non solo. Perché il primo a svezzare Lavezzi, a lanciarlo, coccolarlo e bastonarlo come solo si può con un figlio acquisito è stato Reja. Rapporto speciale: lo chiamava Pocho, il tecnico, mica Lavezzi. Mai. Anche in occasioni ufficiali. Di lui ha conosciuto e condiviso tutto: momenti belli e brutti; ribelli e di crescita. Tutti cadenzati dall’incontro di due cuori grandi: impossibile non voler bene a Lavezzi. Scherzi e risate, l’acqua schizzata in faccia durante le partite e i vaffa alle sostituzioni. E poi gli abbracci: dopo l’esonero, il Pocho gli dedicò il gol alla Reggina. E alla prima contro, all’Olimpico, gli saltò sulle spalle, in diretta tivvù, a sorpresa, nella tensione prepartita. Bello, no?
GLI ALTRI – E Marek? Dove metti Marek? Per Reja si chiamava così: prima gli ha cambiato il ruolo, a 20 anni, e poi ne ha valorizzato la capacità, micidiale, d’inserirsi e fare gol. Anche Gargano non fa altro che parlare bene di Edy, perché è con lui che ha conosciuto la ribalta contro lo scetticismo. E ai suoi tempi risale l’ultimo gol: 4 anni fa, contro la Juve. Con Maggio, beh, il rapporto è solido sin dai tempi del Vicenza: lo ha voluto, preteso, e oggi il Napoli si ritrova un grande giocatore. Serio dentro e fuori. E il rispetto e la stima che lo legano al maestro Reja sono infiniti. Come la grinta di Aronica, che con quel Napoli si ritagliò la prima grande passerella della sua carriera e che oggi è ancora là, a ridere in faccia ai suoi 33, quasi 34 anni da titolare inamovibile. Come gli altri. Tutti nipoti di zio Edy.
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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